Rosazza Pistolet, Federico

Tipologia Persona
Ritratto di Federico Rosazza conservato nel Casello di Desana (VC)
Ritratto di Federico Rosazza conservato nel Casello di Desana (VC)

Intestazione di autorità

Intestazione
Rosazza Pistolet, Federico

Date di esistenza

Luogo di nascita
Rosazza (BI)
Data di nascita
4 marzo 1813
Luogo di morte
Rosazza (BI)
Data di morte
25 settembre 1899

Attività e/o professione

Qualifica
Politico
Qualifica
Filantropo

Biografia / Storia

Federico Rosazza, figlio del notaio e grande impresario Vitale e di Anna Maria Mosca Belrosa, nacque a Rosazza il 4 marzo 1813 nella casa paterna, in cui morì 86 anni dopo, il 25 settembre 1899.
Iniziati gli studi nella Valle del Cervo, li completò a Genova, dove la famiglia si era trasferita, al collegio reale dei Padri Somaschi e poi all’università; si laureò in legge nel luglio del 1835. Fu compagno di scuola e di ideali di Giuseppe Mazzini, dei fratelli Ruffini e di tanti altri patrioti liguri che costituirono il primo nucleo della Giovane Italia, alla quale lo stesso Federico diede un contributo e un’adesione convinta. Dopo la morte prematura della moglie e dell’unica figlia, a partire dal 1870, stimolato dal loro ricordo e intenzionato a migliorare le condizioni di vita dei suoi conterranei e le qualità ambientali del territorio valligiano, per un trentennio realizzò grandiose opere pubbliche e aiutò i bisognosi e le istituzioni.
Fu un precursore della cultura dell’ambiente, inteso come risorsa capace di creare benessere, alla condizione di salvaguardarne i caratteri senza stravolgerli con un utilizzo improprio. Con i tracciati montani di collegamento tra l’Alto Cervo e le valli limitrofe, che realizzò, suggerì visuali e punti di osservazione aperti su particolarità paesaggistiche e spunti di natura di rara bellezza, valorizzando il lavoro delle capaci maestranze locali.
[da: vallecervo.it]

Atti Parlamentari - Commemorazione Giuseppe Saracco, Presidente
Signori senatori! in quattro soli mesi otto valent'uomini, che furono colleghi nostri in questo Senato, sono scesi nel sepolcro. Il vostro Ufficio di Presidenza dispose in tempo perché una rappresentanza del Senato prendesse parte alle ultime onoranze rese ai defunti colleghi e non tralasciò di farsi interprete appresso le loro famiglie del nostro più vivo rammarico per la dipartita di questi egregi, che noi ci aspettavamo di rivedere sui nostri banchi. Tocca adesso a me, sebbene non sia mancato chi abbia scritto con particolare affetto, e discorso altrove con la dovuta ampiezza delle virtù e dei meriti personali dei trapassati compagni - talché posso imporre a me stesso la maggiore brevità - compiere modestamente il pietoso ufficio di rendere a ciascuno di essi quest'ultimo tributo di considerazione e d'affetto. [...]
Ritrarre in maniera fugace la vita di un uomo insigne, quale fu il senatore Federico Rosazza, morto in Rosazza in sul Biellese, nel passato settembre, nella grave età di 86 anni, non è impresa facile per me e per altri, perché io possa presumere di commemorare degnamente innanzi a voi le virtù ed i meriti veramente singolari del benemerito patriota e del filantropo incomparabile. Già sul feretro di lui parlò in nome del Senato, con accenti di vera eloquenza, uno dei nostri, che prima aveva avuto opportunità, in una Storia della giovine Italia, di porre in luce le benemerenze patriottiche del perduto collega. Io potrò adunque essere alquanto breve, senza mancare perciò al dover mio, e basterà che il nome del Rosazza sia pronunciato in quest’Aula, perché non vi ha elogio che possa giungere all'altezza di tante benemerenze acquistate da quel grande.
Federico Rosazza fu un vero patriotta che partecipò ai più coraggiosi cimenti nel risorgimento italiano, è l'Alfredo del romanzo, mirabilmente tratteggiato dal Ruffini nel suo Benoni, è "l'assistente, il consolatore, l'infermiere, il procuratore, il banchiere, sovvenitore gratuito dei suoi eroici amici", considerato da Giuseppe Mazzini, come uno dei più necessari cooperatori per la sua forza celata in una morbida prudenza.
Così discorre di lui il senatore Faldella nell'opera sopra citata, ed a me parrebbe fuori di luogo portare qui altre testimonianze del patriottismo e dell'animo nobilissimo del Rosazza, se non mi accadesse di dover soggiungere in onor suo, che pochi seppero quanto egli avesse operato per la causa d'Italia, tanto si era mostrata guardinga la modestia dell'egregio uomo, del benemerito cittadino.
Non egli adunque domandò mai onori di sorta e preferì di vivere modestamente nella sua dolce vallata, circondato dall'affetto e dalla gratitudine di una intera regione, alla quale fece dono di chiese, strade, ponti, cimiteri, palazzi, e tante altre opere di utile e decoro pubblico che fanno fede della munificenza del venerando e venerato cittadino.
Con ragione pertanto si poté dire del Rosazza il quale era collega nostro a partire dal 1890, che non v'ha bisogno di monumenti e di pietre che ricordino i suoi grandi meriti e le qualità dell'animo suo. La statua di lui si erge nella grandezza delle opere sue che serberanno grata memoria del patriarca biellese alle generazioni che verranno.
Inchiniamoci a nostra volta anche noi che ebbimo l'onore di averlo compagno in vita, davanti alla tomba del patriota italiano, del filantropo insigne, ed auguriamo che per il bene d'Italia nostra sorgano uomini come il Rosazza, del quale si può giustamente affermare che fu l'onore della umanità, il modello delle virtù cittadine. (Bene). [...]
CANONICO. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CANONICO. Benché le parole sentite dall’egregio nostro Presidente ne rendano superflua ogni altra, non posso trattenermi dal mandare almeno un affettuoso saluto alla memoria del senatore Rosazza, anche per desiderio del mio amico onorevole Faldella, il quale, se non fosse trattenuto in letto, ciò farebbe assai meglio di me.
Di Federico Rosazza ben si può dire che egli pertransiit benefaciendo. Patriota vero, agiato, affettuoso, benefico, vita e sostanze egli consacrò alla patria, alla famiglia, agli amici, all’umanità. Scampato a fatica dalle condanne del 1833, de’ suoi conforti fu specialmente largo ai fratelli Ruffini in esilio, alla venerata loro madre, in Italia. Orbato della diletta consorte, dell’unica figlia, oltre gli innumerevoli atti di carità privata, è veramente ammirevole la copia delle opere da lui compiute a pubblica utilità. Per lui si apersero strade, per lui si costruirono acquedotti, fontane, palazzi comunali, cimiteri, per lui si perforarono gallerie, si piantarono pubblici giardini. Una delle ultime sue fondazioni fu la stupenda chiesa parrocchiale della sua nativa Rosazza, che (esempio unico finora), egli volle erigere qual monumento di gratitudine per la redenzione d’Italia, siccome attesta l’iscrizione posta in fronte alla chiesa, e così concepita: Deo optimo maximo, redempta Italia, Fridericus a domo Rosatia, hoc templum erexit.
Possa questo esempio essere foriero del giorno in cui, risorto nei petti il vero sentimento religioso, la religione e la patria ardano indivise in una medesima fiamma nel cuore di ogni italiano. Frattanto la cara, la venerata memoria di Federico Rosazza, della sua nobile vita, ci sia di conforto, in mezzo alle difficoltà che attraversa il paese, per tener salda la nostra fede nel suo avvenire. (Bene).
[da: www.senato.it]

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