L’Evola di Rialmosso tra agro-zootecnia e misticismo [Eco di Biella, 15 ottobre 2018]
Tipologia Documento
Data cronica
- 15 ottobre 2018
Tipologia
- articolo di giornale
Contenuto
- Il Julius Evola di Rialmosso, tra agro-zootecnia e misticismo
La vita sorprendente del professor Vittorino Vezzani
Lo spiritualista sposo della valèta Letizia Boffa Molinar
Accademico di alto livello, divulgatore scientifico e seguace del indecifrabile Evola
Collegare l'ameno villaggio di Rialmosso a quell'indefinibile satanasso che fu Julius Evola, è quasi come stabilire un nesso tra un manuale che più prosaico non si può, ovvero "L'allevamento dei suini all'aperto", e un saggio dal titolo già di per sè impegnato e impegnativo come "La nostra elevazione spirituale". Eppure... Naturalmente il legame tra Evola e le "Prove di ingrassamento economico di vitelli da latte", così come quello tra il paesello della Bürsch e "Mistica e metapsichica", non è così facile da individuare. Ma c'è. E per scoprirlo si può cominciare facendo un giro a Sauze d'Oulx e, più precisamente, in località Grand Chalp, a circa 1.900 metri di quota. Lì, a due passi dal Gran Bosco di Salbertrand, ci si imbatte in un complesso di edifici che ricorda vagamente gli stabili assistenziali della "Panoramica Zegna". In effetti il periodo di costruzione è il medesimo. Prima ancora di arrivare al corpo principale si nota una chiesetta, un piccolo oratorio dotato di un aguzzo campanile. Sotto il portico, sopra il portoncino di ingresso, si legge in latino la intitolazione della chiesuola. Oltre a Dio Ottimo Massimo, è dedicata a Vittorino e Letizia, due santi non proprio gettonatissimi nella devozione popolare, ma tant'è. L'agiografia del primo è quella di un marchigiano del VI secolo che rinunciò al mondo e si ridusse al romitaggio, resistendo alle demoniache tentazioni (forse onanistiche?) appendendosi per le mani a un albero. Quella della seconda è ancora meno indagabile perché la santa lieta per definizione pare non abbia avuto una donna in carne e ossa (e ciccia, visto che la laetitia romana indicava la pinguedine) cui fare riferimento. In ogni caso trattasi di due figure cristiane ben poco contestualizzate in Val di Susa, ma anche in questo caso, tant'è. La ragione prima e ultima di quella dedicazione un po' particolare si coglie via via e conduce passo dopo passo a Rialmosso. Lasciata la chiesina e raggiunto il complesso vero e proprio si apprende di essere al cospetto della (ex) "Stazione alpina dell'istituto zootecnico e caseario per il Piemonte". Preda facile del degrado, del saccheggio indiscriminato e, ultimamente, anche di un incendio, il fabbricato più grande e quelli accessori erano di fatto una stalla modello, anzi un centro di ricerche per la zootecnia d'alpeggio, un polo tecnologico e scientifico nato nel 1931 voluto, promosso e diretto dal professor Vittorino Vezzani, del quale porta ancora oggi il nome. Svelato quindi il primo arcano: il santo celebra il "padrone di casa". E la celeste coinquilina? La Letizia di cui sopra era, inter vivos, la moglie, ossia Letizia Boffa Molinar, oriunda di Rialmosso, figlia dell'avvocato Edoardo, valèt puro sangue. Ecco dunque individuato il percorso o, almeno, il tratto iniziale. Manca un po' di Valle Cervo e, soprattutto, manca ancora il buon vecchio Giulio Cesare Andrea "Julius" Evola da affiancare a testi fondamentali come "L'utilizzazione dei sottoprodotti dell'azienda agricola nell'alimentazione del bestiame". Per lasciare la Dora Riparia e risalire il Cervo fino a Rialmosso alle origini di questa storia, si può sfogliare "il Biellese" del 5 marzo 1929. In quelle pagine si legge che "E' con sommo compiacimento e con ambito onore che qui in paese si apprese la notizia che il Prof. Vittorino Vezzani, nostro concittadino di adozione, venne dalla volontà, sagace e provvida, del Duce inscritto nella lista dei candidati alla nuova legislatura". Il foglio diocesano non manca di inserire nel pezzo un breve curriculum vitae del professore. Si possono verificare quelle note su Internet, ma lette in quelle righe hanno più fascino. Vittorino Vezzani era nato a Sacile (Udine) nel 1885. Si era laureato a Milano in Scienze Agrarie presso la Regia Scuola Superiore di Agricoltura e si era recato "a perfezionarsi negli studi agrari e zootecnici in Germania e in Inghilterra". Nel 1912 era diventato direttore dell'Istituto zootecnico di Montedimezzo (L'Aquila). Poi si era distinto nella Grande Guerra come volontario con il grado di tenente nel Genio zappatori. Dopo il 4 Novembre era stato inviato in missione governativa in Francia e in Svizzera e, già nel 1919, aveva ottenuto la cattedra di zootecnia nella scuola meneghina ove si era laureato. Vittorino Vezzani era arrivato in Piemonte nel 1920 quando gli era stato affidato l'incarico di organizzare un istituto zootecnico e caseario regionale (ovvero l'embrione dell'impianto di Sauze d'Oulx). Nei nove anni successivi, oltre a insegnare a livello universitario non più solo a Milano, ma anche a Torino, il brillante agronomo aveva avuto modo di viaggiare parecchio in tutta Europa formandosi così un'idea precisa di quali fossero le condizioni agricole e zootecniche di tutto il continente, dalla Scandinavia al Dodecanneso. La sua esperienza e la sua fama avevano attirato l'attenzione del PNF. D'altro canto, stando ad Arnaldo Mussolini (che aveva a cuore le questioni agro-silvo-pastorali), "l'Italia ha un solo desiderio: quello di vedere uomini degni al comando" (anche oggi non sarebbe male godere di una simile vista, ma più che di orizzonti lontani si deve parlare di miraggi...). Il professor Vezzani era evidentemente uno di quegli uomini evocati dal fratello del Duce. L'articolo del bisettimanale cattolico tramanda anche il vincolo d'affetto che legava il friulano alla Valle Cervo segnalando la "consorte Letizia Vezzani Boffa, pur essa decorata al valore militare con medaglia di bronzo per il suo coraggio, prova di elevato sentimento del dovere e di singolare abnegazione quale infermiera volontaria nel suo Ospedale da Campo a Cormons". Con un cenno ai suoceri, "sempre primi nelle opere per bene morale e civile del nostro paese", la mezza colonna si chiude con il compiacimento del piccolo borgo che si vedeva rappresentato alla Camera da un proprio figlio, anche se adottivo. E fin qui, niente di rilevante, a parte il fatto di essere al cospetto di un personaggio di notevole spessore tecnico, un'autorità in materia, un esperto che aveva qualcosa da dire al suo tempo e ai posteri. Questa è l'idea che ci si fa inserendo nel motore di ricerca dell'OPAC del Sistema Bibliotecario Nazionale il nome e il cognome dell'esimio. Il risultato della consultazione è quantitativamente notevole. Se al 1929 aveva già curato ben 37 pubblicazioni, molte altre ne ha aggiunte in seguito. La gran parte fa riferimento all'oggetto delle ricerche dello studioso. Da "La vacca Schwyz" del 1922 a "La produzione del cavallo da tiro nella Valle Padana" del 1933, da "L' influenza del lavoro sulla produzione e la composizione del latte di vacca: primo contributo sperimentale" del 1926 a "Rapporti fra le produzioni animali della Metropoli e quelle dell'A.O.I" del 1936, da "I moderni aspetti del problema ezoognostico, esteriore conformazione, indagine genealogica e prova delle attitudini nella valutazione degli animali domestici utili all'agricoltura", ancora del 1926, alle annuali relazioni sull'andamento della stazione alpina valsusina della quale rimase a capo fino quasi alla morte. Alcune di quei testi riguardano anche il Biellese, come il saggio dedicato alla fiera ovina di Biella del 1920. O "La selezione della pecora biellese" del 1954. Alla fine sono stati più di cento gli scritti di Vittorino Vezzani, tra i quali si annoverano anche lavori sulle galline, sulla coltivazione del gelso e del salice, sulla didattica agronomica (incluso "L'insegnamento dell'agricoltura all'Università di Halle an der Saale" del 1909, forse la sua opera più precoce) e su varie problematiche di tipo socio-economico, come la gestione delle ferrovie o come "La produzione di uova iodate e l'impiego di queste nella terapia infantile" (1936). Di taglio un po' più politico, tutte incentrati sul tema dell'autarchia, sono invece gli studi della metà degli anni Trenta, come "Scambi esteri ed autarchia in rapporto alla produzione zootecnica e peschereccia italiana" (discorso pronunciato nel 1938 alla Camera dei Deputati), oppure "L'autarchia zootecnica nella provincia di Torino" dello stesso anno. Uno sguardo a questa bibliografia tratteggia il profilo di un tecnico di alto livello, e non solo per il contesto nazionale, e abbozza i lineamenti di un intellettuale che non aveva avuto bisogno di farsi obbligare per accettare il Fascismo, anzi vi aveva aderito fin dalla prima ora con la convinzione ideale di fare il bene dell'Italia in piena coerenza con i propri principi. Niente di nuovo sotto il sole. Vittorino Vezzani emerge dalla Storia non certo con il manganello in una mano e l'olio di ricino nell'altra. In un'altra epoca lo si sarebbe ascritto alla destra dura e pura, a quella borghesia liberale reazionaria e lontana anni luce dalle masse in preda al socialismo rivoluzionario. Negli anni Venti del Novecento il delirio fascista ebbe buon gioco nel reclutare gente come lui che, tutto sommato, pareva più che altro interessato ai bovini, agli equini, ai suini e al miglioramento del modo di allevarli. Ma chiuderla qui sarebbe fare un torto a una storia più intrigante e, date le premesse, sorprendente. Vittorino Vezzani aveva anche un volto non "pubblico". Definirlo occulto o anche solo esoterico sembra un eccesso. Il termine più adeguato potrebbe essere mistico. Intendendo però il misticismo alla Julius Evola. Tornando per un attimo alla estesa produzione bibliografica del rialmossese d'acquisto, si nota che in lui conviveva un singolare connubio di sentore di lettiera e di odore di santità. Non la sua, certo, e nemmeno strettamente quella di deriva cristiana, bensì una santità sincretistica, più filosofica che spirituale, più razionale e tradizionale che istintiva e spontanea, esattamente nel solco tracciato da Evola. Il che è quanto meno curioso. Curiosa l'immagine di un distinto accademico con le scarpe sporche di letame, con le idee empiricamente chiare sulle concrete esigenze di mucche, scrofe e pollame in genere, con una moglie figlia della ancor più concreta progenie della Valle Cervo, che alla sera legge e traduce (con ottima mano) "Il voto di povertà e altri saggi mistici" di Jasper Niemand (1924), "I mistici dell'Islam: il sufismo", di Reynold Alleyne Nicholson (1925), "Il misticismo ebraico: la Kabbala", di Joshua Abelson (1929) e "L'idillio del loto bianco", di Mabel Collins (1944). Più ancora: l'uomo degno delineato da Arnaldo Mussolini, un simbolo per una nuova classe di protagonisti della vita civile dell'Italia littoria e imperiale, che non si faceva prendere troppo dalla mistica di regime (due sole incursioni nella nebulosa della "religione" delle camicie nere: "I caposaldi della educazione fascista" del 1934 e l'intervento alla Camera dei Deputati del 13 marzo 1937 dal titolo "L' educazione del carattere fascista"), ma che coltivava in segreto (?) la mistica in quanto tale, fino a divenire un sapiente e un divulgatore. In questo senso ecco la sua "bibliografia parallela": "Lineamenti di una moderna mistica" (1925), "Il nostro posto nella vita" (1926) il citato "La nostra elevazione spirituale" (1927), poi il lungo silenzio dettato dalla guerra e dalle difficoltà a pubblicare per un autore del suo orientamento e dei suoi trascorsi, e infine "Il fine dell'uomo ed altri saggi spirituali" (1952) e "Mistica e metapsichica" (1958). Tre anni prima era uscito anche "Le mysticisme dans le monde" tradotto da Jean Gouillard. Il debutto nel settore risaliva al 1923 con "Come sorge una fede" per il quale tuttavia sorge di contro il dubbio, in attesa di leggere il libro, che si tratti della fede in Mussolini, ma è più probabile che sia il racconto della "iniziazione" di Vittorino Vezzani al "credo" di Evola e/o affini. Erano quegli gli anni della frequentazione con lo stesso Evola, delle recensioni degli scritti del "maestro" sulla rivista "Ultra", dei contributi per "Luce e ombra" e della scoperta della parapsicologia e dello spiritualismo di ascendenza orientale, con tanto di conferenze sullo yoga (1930). Vittorino Vezzani e Letizia Boffa Molinar si avvicinarono già all'esordio all'esperienza dei "Colloqui di Eranos", ovvero il circolo di Olga Fröbe-Kapteyn nato sul Lago Maggiore nel 1933 come
"scuola di ricerca spirituale" alla quale prendevano parte i maggiori studiosi di religioni orientali e occidentali del tempo. I coniugi Vezzani furono tra gli invitati a quelle esclusive sessioni di studio dove si potevano incontrare Martin Burber, Carl Gustav Jung, Rudolf Otto e molti altri "grossi calibri" della intellighenzia del ramo. La guerra di Liberazione aveva indotto Vittorino Vezzani e consorte a ritirarsi nella romita borgata natia di Letizia Boffa Molinar. Da lì, già alla fine del 1945, i contatti con Olga Fröbe-Kapteyn erano ripresi, se mai si erano interrotti, con lettere ricevute e spedite. Pochi anni dopo la situazione era tornata tranquilla e il professore aveva potuto tornare in libreria in tutta libertà (molta di più di quella che aveva potuto sognare durante il Ventennio, anche se allora stava dalla parte dei vincenti), sempre meno affascinato dai concimi e sempre più dalle anime e dalle essenze metapsichiche. O forse si sta prendendo un abbaglio. Forse non vi è cesura tra il "basso" degli animali da reddito e l' "alto" degli spiriti iperurani: si può mungere o salumificare e, al contempo, far librare il proprio corpo astrale. D'altronde, la differenza tra stalle e stelle è solo una questione fonetica.
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