di Danilo Craveia
La Voce di San Giovanni, Bollettino di San Giovanni
Questa è l’epoca dei “cammini”, delle “vie”. Più o meno fedeli alla tradizione, più o meno storicamente credibili, più o meno inventati di sana pianta, più o meno laici o religiosi. Dopo aver compreso di poter “navigare” seduti davanti a un computer o con un telefono in mano, ci siamo un po’ tutti rimessi in marcia e in gioco (ri)scoprendo percorsi commerciali, strade di pellegrinaggio, transumanze ecc. Allora aggiungiamo agli altri anche questo: il “cammino” di San Giovanni Battista sulle Alpi. Non esiste (ancora…) e non è mai esistito (o forse sì…), ma non è questo ciò che conta. Conta una mappa, e i punti che andremo a indicare su quella mappa, e il come e i perché e il quando potrebbero essere collegati. È più che altro un esperimento, un’idea, una teoria tutta da provare, ma può darsi che non sia poi del tutto campata in aria. E comunque può essere utile per individuare davvero un’altra di quelle “vie” che oggi vanno per la maggiore.
Partiamo allora proprio da San Giovanni Battista e dalla sua particolare devozione (d’ora in poi, per comodità, lo chiameremo SGB). SGB è spesso “chiamato in causa” quando si tratta di battisteri, praticamente ovunque, come nel caso di Biella (il bel fabbricato romanico accanto al duomo è, infatti, dedicato a SGB). Il che è più che logico visto il ruolo svolto nei confronti del cugino, ossia Gesù, nel contesto della genesi del Cristianesimo. SGB è, per l’appunto, il Battista, cioè il battezzatore per definizione e il suo gesto con l’acqua del Giordano è uno dei più forti e significativi del Vangelo. Ma non è questo l’aspetto più rilevante per questa piccola ricerca. Il Precursore, infatti, è un santo molto sovente associato anche alla pastorizia e alla vita dei pastori che si isolavano con i loro armenti, portandoli al pascolo in montagna.
SGB fu quindi, metaforicamente e simbologicamente, un illustre alpigiano ante litteram, e su questa sua attività agro-silvo-pastorale dobbiamo qui focalizzare l’attenzione. I pastori che risalivano le vallate e che si spostavano tra di esse valicando le montagne lungo sentieri senza tempo alla ricerca di nuovi prati per il loro bestiame, veneravano un santo in cui si riconoscevano. Quel santo, in senso figurato, risaliva le vallate e si spostava tra di esse nei cuori di quei pastori. Era per loro un riferimento mobile, un elemento che li seguiva, li precedeva, li proteggeva. Camminava con loro e, in alcuni casi, quegli stessi pastori sentivano la necessità di stabilizzare quella devozione, di fermarla in luoghi specifici e speciali, per lo più lungo quegli stessi sentieri su cui si muovevano di continuo, avanti e indietro, generazione dopo generazione. Nascevano siti particolari, che poi hanno avuto destini diversi e altrettanto particolari. Cappellette o piloni, chiesette, oratori… Chissà quanti sono scomparsi. Altri hanno cambiato “intestazione”. Mentre altri sono rimasti quello che erano. Altri ancora si sono sviluppati diventando chiese parrocchiali o santuari. È così che un particolare culto si può diffondere, contaminando di fede altre zone più o meno limitrofe. Le montagne, che hanno sempre unito più che diviso gli uomini, rappresentano l’ambiente giusto per quel tipo di diffusione e di contaminazione. E, a volte, tale fenomeno non si limitava a un santo solo, ma riguardava più figure in qualche modo legate tra di loro. Nel nostro caso, quello del SGB collocato sopra Campiglia Cervo, è possibile riscontrare una tale fenomenologia? Come detto, questa è un’ipotesi, un’idea, ma l’analisi di alcuni dati oggettivi sembra poter dare qualche conferma, almeno a livello locale.
È il momento di aprire quella mappa e di segnare un po’ di punti e qualche data. La mappa deve abbracciare tutte le Alpi perché il nostro santo pastore accudiva un gregge molto grande, idealmente disseminato lungo tutto l’arco alpino. Dalla Savoia (basta citare la chiesa parrocchiale di Megève o la cattedrale di Saint-Jean de Maurienne) al Tirolo, dalla Valle del Rodano (il duomo di Lione è dedicato ai santi Giovanni Battista e Stefano) alla Baviera (passando per Müstair, all’estremo oriente del Cantone dei Grigioni), SGB si incontra ovunque, fino ad alta quota, patrono di grandi chiese come di semplici piloni votivi. Questa disseminazione costituisce un reticolo fitto di riferimenti, di rimandi e di rivisitazioni storico-devozionali. Non ci si muove su un filo, si procede piuttosto su una rete.
Avvicinandoci a San Giovanni d’Andorno, si può evidenziare come il massiccio del Monte Rosa abbia indotto una dislocazione anulare della devozione per SGB, soprattutto nella porzione meridionale di tale anello. Il nostro San Giovanni fa parte di quella “cintura” che parte da Anniviers e Evolène nel Vallese e che, toccando Aosta (la cattedrale di Aosta ha per patroni l’Assunta e SGB), si approssima risalendo il Lys fino a Gressoney-Saint-Jean per poi valicare i monti fino alla Valle Cervo, e quindi proseguire verso la Valsesia, dove a Rassa si trovava una cappelletta intitolata a SGB a ridosso del ponte sulla Gronda, dove ad Alagna la parrocchiale reca la medesima intitolazione e dove a Valduggia e a Quarona (l’antica chiesa di San Giovanni al Monte) ci si imbatte nella stessa dedicazione. Altre ancora sarebbero le orme da ricalcare su questo cammino, che porta ovviamente anche nell’Ossola, fino a Macugnaga. Quello della Valle Cervo è uno dei punti più meridionali di un percorso che ha le sue prime tappe testimoniate in epoche molto remote, ma che ha tra il Cinque e il Seicento il maggior numero di attestazioni. San Giovanni d’Andorno (fine XV – inizio XVI secolo) è coevo alle sedimentazioni di Gressoney e di Alagna, il che può voler dire che è quella l’epoca del ripopolamento stabile delle rispettive vallate a seguito di un precedente spopolamento.
In effetti l’arrivo improvviso della devozione per SGB sopra Campiglia Cervo, dove prima tale culto non c’era e dove, invece, c’era quello per la Madonna (Santa Maria della Riva o di Pediclosso) è in effetti piuttosto singolare. Così come il più antico San Tommaso di Campiglia Cervo fu sostituito nel corso del Quattro-Cinquecento da San Bernardo d’Aosta (cui poi si affiancò San Giuseppe). È plausibile che l’attaccamento devozionale per SGB possa essere derivato da località a valle o addirittura dalla Pianura Padana (è il caso del quattrocentesco santuario di San Giovanni Battista al Calandrone, presso Lodi), lungo le vie delle transumanze stagionali. Ma è ancora più plausibile immaginare uno sconfinamento tra i monti, lungo i sentieri dei pastori e dei valligiani.
In questo senso, quella della Bürsch a partire dal XV-XVI potrebbe essere una religiosità figlia di quella valdostana o, comunque, riconducibile al “periplo” del Monte Rosa di cui sopra. Lo suggerisce non solo il doppio riferimento a Gressoney-Saint-Jean e ad Alagna rispetto a SGB, ma anche la presenza di santi “ausiliari” molto importanti come il citato Bernardo (che non solo è a Campiglia Cervo già nel XVI secolo, ma presidia il Monte Rubello di Trivero fin dal XIV-XV secolo a seguito delle vicende dolciniane) e, soprattutto, San Grato che letteralmente “porta con sé” il Battista rappresentato dalla sola testa mozzata. Grato fu il secondo vescovo di Aosta e fu il leggendario e miracoloso ritrovatore del capo tagliato di SGB (che reca su un piatto d’argento, quello della perfida Salomé, come suo attributo più tipico). Nella Bürsch si venera a Montesinaro (chiesa parrocchiale), a Quittengo e a Rialmosso (Monte Talva). Il nesso tra i tre santi andrebbe approfondito meglio nel loro sviluppo cronologico e geografico nel Biellese e negli immediati dintorni, ma occorre tornare a SGB per evidenziare come, dal più lontano Medioevo alla metà del Novecento, antiche e nuove manifestazioni di devozione a SGB si sono concretizzate (anche in termini del tutto privati, cioè ad opera di singole famiglie) in tutto il territorio biellese. Paradossalmente è in Valle Cervo che si è affermata di meno, come se il santuario “della Balma” avesse saturato o quasi quest’area specifica. SGB c’è soltanto a Sagliano Micca, in frazione Casale, con i santi Giuseppe e Silvestro. E a Rosei di Piedicavallo (almeno stando al censimento del Lebole per la sua “Storia della Chiesa biellese”).
Extra Valle Cervo, invece, SGB è assai presente. Lo si venerava a Occhieppo Superiore, in un antico oratorio non più ubicabile, così come a Ternengo e a Torrazzo, in frazione Busso. L’antica rettoria presso il castello di Mottalciata si chiamava “San Giovanni de Monte”. Un’altra vetusta rettoria, a Broglio di Cossato, si è trasformata nell’attuale oratorio dei santi Giovanni Battista e Ippolito. A Crocemosso ci sono due oratori tuttora esistenti, rispettivamente nelle frazioni Orcurto e Torello. Idem a Baltigati di Soprana. Nel Triverese, uno alla Piana e uno a Mondorondo (scomparso). A Scaglia di Portula, invece, esiste ancora (ma il Lebole, forse, ha fatto un po’ di confusione con i toponimi, perché l’antica Mondorondo è poi diventata la frazione Scaglia). Un altro tra Castagnea e Trivero, lungo la strada. A Coggiola in frazione Formantero. Forse non fu mai costruito l’oratorio del cantone Stupenengo di Bioglio, ma nel caso la dedicazione è stata accertata. La chiesetta di SGB nel castello dei Frichignono di Castellengo esiste ancora (come quella presso la villa Trompeo a Quaregna), non più quella del maniero di Benna, anch’essa con la stessa titolazione. Esiste ancora l’oratorio del Cantone di Magnonevolo. A Ponderano SGB era nell’oratorio cinquecentesco sorto accanto alla chiesa parrocchiale, e poi diventato la parte absidale di essa. Una cappella medievale sul “Prato della Madonna” a Oropa, poi abbattuta per far posto al chiostro del santuario, era quella di SGB, che manca invece negli affreschi del Sacello (a Oropa c’era anche una cappella per San Grato). La chiesa medievale di Private (tra Salussola e Arro), da tanto tempo sparita, era dedicata a SGB e così le seguenti parrocchiali: Ceresito, Cerrione, Cossila (accanto a San Grato anche qui…), Magnano, Vaglio Chiavazza e Veglio Mosso.
Senza contare che si devono considerare potenzialmente anche altri siti che, dedicati semplicemente a San Giovanni senza specificazione, sono di difficile “attribuzione”: il Battista o l’Evangelista? Ma questo è un problema di secondaria importanza. Quel che importa, invece, è il ruolo giocato da San Giovanni d’Andorno in questo contesto devozionale. In primis: ha davvero giocato un ruolo facendo da cassa di risonanza rispetto ad altre località più o meno vicine “contaminate” successivamente dopo essere stato a sua volta frutto di “contaminazione”? Fa parte del “circuito” del Monte Rosa di cui sopra o si tratta del prodotto della progressiva (ri)monticazione della Valle Cervo nel tardo XV secolo? Le indicazioni fornite non rispondono in modo esaustivo a queste ultime domande e, forse, le risposte sono più d’una contemporaneamente. Questa è soltanto una proposta di ricerca.
Ma è questa l’occasione per proporre, a sostegno della stessa ricerca, anche un “censimento”. Il Centro di Documentazione dell’Alta Valle del Cervo – La Bürsch (centrodoc.avc@gmail.com) invita tutti a partecipare alla costruzione di una “banca dati” iconografica dedicata a SGB. Basta una fotografia (o alcune, va bene lo stesso) e una piccola descrizione (dove si trova l’affresco, il quadro, la statua, la rappresentazione in un libro o l’edificio stesso raffigurante o celebrante San Giovanni Battista, l’epoca se possibile e tutte le informazioni disponibili; e il nome di chi ha scoperto il “nuovo” SGB da inserire nell’elenco). In poco tempo avremo un grande archivio di immagini e di riferimenti per creare una vera e propria “enciclopedia” storico-artistica del Battista. Che ne dite? Come avete notato, si è già iniziato…