Gente di Rosazza in giro per il mondo [seconda parte]

Tipologia Documento
Data cronica
dicembre 2022
Il Perù e la Bolivia alla metà del XIX secolo, quando molti valìt erano già attivi laggiù.
Il Perù e la Bolivia alla metà del XIX secolo, quando molti valìt erano già attivi laggiù.

Contenuto

di Danilo Craveia
Bollettino della Parrocchia di Rosazza, dicembre 2022

 

Questa è la seconda e ultima parte della ricerca pubblicata su questo bollettino l’anno scorso. Stessa impostazione, stesse fonti, alle quali per brevità, rimandiamo. Ed entriamo subito nel vivo di queste vicende umane così interessanti e, per lo più, sconosciute.

Ragioniamo, con qualche deroga, per gruppi familiari così come ce li presenta il registro dello “Stato generale di tutte le persone componenti la nuova Parrocchia di Rosazza”.

Giovanni Angelo Norza Maru, classe 1807, muore a sessant’anni vicino a Orduña, in Spagna, nella Provincia di Ávala dopo breve malattia. Anche suo fratello Carlo Gregorio, di due anni più giovane, muore in Spagna, nella stessa zona del nord, tra i Pirenei e il golfo di Biscaglia. Quest’ultimo, sposando Anna Maria Felicita Norza Ratin, aveva messo al mondo un figlio e cinque figlie. Il maschio, lo scalpellino Carlo Felice Celestino, nato nel 1839, morì in Alta Savoia nel 1874, più precisamente a Marin, nei dintorni di Thonon-les-Bains (lago di Ginevra), ucciso da una trave che gli era caduta addosso mentre lavorava nel cantiere della nuova chiesa. Considerando che la chiesa è dedicata a San Giovanni Battista, il santo dei valìt, il fatto risulta ancora più doloroso.

Anche altri Norza Maru (gente di Beccara, come i precedenti) non furono particolarmente fortunati. Carlo Antonio Giuseppe, a soli 47 anni, perse la vita in Sardegna il 12 agosto 1860 a causa di un colpo di sole (lavorava, con tutta probabilità, per il Genio dell’Esercito, perché fu un suo forse collega, Giacomo Mattasoglio, “aiutante del Genio in Cagliari” e altrettanto valèt, a comunicare al parroco di Rosazza il triste evento). Il povero Carlo Giuseppe Antonio vittima del caldo sardo, aveva un fratellastro, Paolo (il padre Giovanni Battista si era sposato due volte e dalla seconda moglie, Anna Savoia da San Paolo Cervo, aveva avuto otto figli, che si aggiungevano ai tre del precedente matrimonio) che si trovava a sua volta in Spagna, in Aragona, nel comune di Ambi de sante (il toponimo è da verificare…), quando mancò ai vivi nell’ottobre del 1862.

Era di Beccara anche Pietro Norza Rava, nato nel 1791. Il colera dell’estate del 1854 lo portò via a Genova Pegli. Alcuni dei suoi figli erano nati, tra il 1827 e il 1836, alle porte di Pinerolo o a Cumiana, cioè poco distante. Costantino Cristiano Eusebio, venuto al mondo nel 1829, si allontanò dal Piemonte e andò a morire in Colombia, nel Paranà, nella notte tra il 19 e il 20 dicembre 1884. Era arrivato da due giorni, con i fratelli Severino e Ferdinando.

Due Rosazza Battore, Vittorio Amedeo Paolo e suo fratello Giuseppe Costantino Luigi, il primo del 1838, il secondo del 1843, arrivarono invece fino in Perù. Vittorio morì a Jauca, nella Provincia di Pallasca, Dipartimento di Huaraz nel 1886. Sua moglie, Maria Rosazza Bertina, era mancata cinque anni prima, ma a “Chimbatte” (Chimbote), Provincia di Santa, nel vicino Dipartimento di Ancash. Mentre Giuseppe lo aveva preceduto nella tomba di tre anni, ma ben più a sud, nella Provincia di Ica, “distante da Pisco sette leghe nella miniera di rame, zinco etc. propria del Sig. Bianchi”.

Lasciamo Beccara e portiamoci nel capoluogo di Rosazza. Ed ecco una registrazione piuttosto interessante, per quanto ci lasci nel dubbio, in questi giorni di ripresa delle ricerche sul tema. Abbiamo di fronte un lavoratore del Traforo del Fréjus? Basilio Lorenzo Fedele Gilardi Magnan Giambrau, classe 1833, cessò di vivere a Freney, in Moriana (Savoia), il 18 settembre 1870. Il cantiere era ancora attivo, ma non sappiamo se vi fosse occupato. Freney si trova a due chilometri da Fourneaux, come a dire a tre chilometri dal tunnel… Ma non si hanno ulteriori notizie. Altri Gilardi Magnan viaggiarono molto e alcuni di loro, purtroppo, morirono lontani dalla Bürsch. Chi sul Lago Maggiore, chi in Puglia, chi a Napoli altri ancora nella zona di Tempio Pausania, in Sardegna.

Lorenzo Mosca Duga, nato nel 1789, nel 1838 era ad Albertville, in Savoia. E lì morì il 26 luglio. La sorte volle essere crudele con lui, perché suo figlio Pietro Vincenzo, a soli quindici anni, morì annegato proprio ad Albertville e proprio nel 1838. Le due morti sono in qualche modo collegate? Non si sa.

Come non si sa molto circa la scomparsa di Ferdinando Eugenio Amedeo Mosca Siez. Aveva quarantaquattro anni quando morì in Bolivia nel 1893. Tutto qui. Altro Mosca Siez, altro “spagnolo”, Pietro Bernardo, che finì i suoi giorni il 19 luglio 1860 a Izarra, Mandamento di Amurrio, ancora tra le alture della Provincia di Ávala, “dopo breve malattia”. E dopo breve vita, considerando che aveva soltanto trentaquattro anni…

A Montevideo vivevano e poi morirono anche due membri della famiglia Rosazza Battore Fattare (o Fattore?): Colombo Giacomo Giorgio, che si era sposata laggiù con una donna di Chiavari, e sua sorella Maria Maddalena Benedetta, coniugata con Giovanni Jon Scotta di Piedicavallo. La donna morì trentaseienne nel 1868, mettendo al mondo una bambina. Il fratello, invece, si spense nel 1901, quando aveva settantatré anni. Ottavio Pio Angelo Mosca Siez Pedrò annegò in Virginia, a Richmond, “in un fiume, dove era andato a bagnarsi”. Aveva diciannove anni in quel 1873 e aveva lasciato la Bürsch ancora più giovane e chissà quante volte, prima di attraversare l’Atlantico, si aveva fatto il bagno nel Cervo… Ma l’acqua nordamericana gli è stata fatale. La vita dei valìt non è stata solo la pietra. C’è tanta acqua nelle loro esistenze. Acqua solcata, acqua dominata, acqua condotta, acqua scavalcata, acqua che è stata culla per molti e per molti altri, tomba.

L’acqua yankee non ebbe pietà di Giovanni Battista Eugenio Rosazza Mina Merlo, nato nel 1830. La sua è una vicenda in qualche misura nota (ne è stato tratto anche uno spettacolo teatrale proposto a Oropa nel 2016 in occasione delle giornate dedicate ai piemontesi nel mondo), nota anche perché non fu il solo figlio della Bürsch a morire lontano. All’epoca il parroco don Paolino Porrino fu informato dettagliatamente circa la morte del suo parrocchiano e registrò come e quanto segue. “America del Nord, Stato di Chintochi (cioè Kentucky, n.d.a.) 17 giugno 1887. Partito alle ore 11 di sera da Alphand (Ashland, n.d.a.) per Trenton, dove lavorava, con certi Valz Geninet (Gianinet, n.d.a.) da Montesinaro, Peraldo Morbe da Piedicavallo, e Giuseppe Rosazza Bertina di Giò, traversando un fiume con barca la quale nel ritorno ad Alphand fu rovesciata da un vaporino, morì annegato coi tre compagni a 15 piedi dalla sponda li 17 giugno 1887. Ritrovati poi nel fiume li 19 furono li 20 giugno sepolti alle ore due di sera coll’accompagnamento di N. 45 patrioti colà residenti pei loro lavori. Per memoria estratta da lettera di Callisto Rosazza Marlero delli 21 giugno”. Quindi anche Giuseppe Rosazza Bertinaria, insieme ai due compagni di Montesinaro e Piedicavallo, fece la stessa tristissima fine nel fiume Ohio, su cui sorge Ashland. La destinazione, mai raggiunta, resta da stabilire con precisione: di Trenton ne esistono almeno un paio ove avrebbero potuto dirigersi, ma poco importa.

C’era chi, per sua espressa volontà o per desiderio di chi rimaneva in questo mondo, riusciva post mortem a tornare a casa. Angela Dorotea Costanza Amalia Rosazza Cilino mancò ai vivi nell’agosto del 1884 a Bonneville (Alta Savoia), ma la sua salma fu traslata a Rosazza nel febbraio del 1885.

Giovanni Battista Filippo Rosazza Grolla muore nell’ospedale di Lima nel 1873. Lo stesso destino di Giovanni Pietro Alberto Peraldo Dan, che era dei Vittoni. Anche lui morì a Lima, nel medesimo ospedale dedicato a Sant’Andrea, ma quattro anni dopo. Sempre in Perù, ma ad Arequipa, cinque anni dopo, il 18 novembre, spirò Giovanni Alberto Rosazza Grolla, “colpito dallo sparo di revolver senza riguardo maneggiato fra essi patrioti”. Di sicuro le armi da fuoco erano una presenza ben più abituale nelle case di allora, laggiù, di quanto non lo sia oggi, qui da noi… Però la troppo confidenza, anche tra amici e (com)patrioti, provoca danni gravi, irreparabili, in ogni epoca e in ogni luogo. Ad Arequipa era morto, ancora nel 1873, Angelo Felice Bernardo Valz Blin Binella, nato ai Vittoni nel 1844.

Tutte queste informazioni sembrano il risultato di una comunicazione costante e facile. Al contrario, quello delle notizie era un problema. Non sempre arrivavano (chissà di quanti non si seppe letteralmente più nulla…) e, a volte, arrivavano dopo molto tempo. Certo, meglio tardi che mai, però possiamo immaginare in quale stato d’ansia e poi di triste rassegnazione vivevano a Rosazza i parenti in attesa di qualche novità. Quando giungevano, si illudevano che fosse un segno di vita, ma spesso si trattava della comunicazione di una morte avvenuta. È il caso di Pietro Maria Rosazza Mina Minghetto. Era del 1831 e i suoi sapevano che si trovava da qualche parte in America Latina. Dal 1889 non aveva più scritto né fatto avere nuove. Questo perché era morto il 1° agosto in Bolivia, ma solo “dopo quattro anni si ebbe notizia del suo decesso”.

Triste anche la storia di coloro che morirono tornando al paese avito. Come accadde ad Antonio Luigi Rosazza Sanfin. Era nato il 18 agosto 1838. Dopo anni di assenza era sulla via di casa, una via lunga che partiva da Callao, quartiere di Lima. Morì in viaggio, il 26 aprile 1879. Andò meglio, si fa per dire, a un altro Rosazza Sanfin, Giovanni Bernardo, “morto li 25 Dicembre 1873 dopo otto giorni dall’arrivo dall’America, dove stette mesi 18. Il suo viaggio per mare fu di ventiquattro giorni, patì grande tempesta, per cui si ammalò per via e fu condotto a casa da Rosazza Grolla Gioanni suo compatriota”. La consolazione di morire nel proprio letto, forse più per chi lo accolse che per lui, e l’amicizia tra compaesani addolcirono un po’ quel Natale amarissimo? Pietro Angelo Ottavio Rosazza Buro a Callao di Lima, all’ospedale, si rese defunto nel 1877 “dopo breve malattia di sangue al capo” (emorragia cerebrale?). Suo fratello Pietro Luigi Alberto morì sette anni dopo di lui, a casa, ma la sua agonia fu assai più lunga, cagionata da una non meglio identificata patologia “riportata dall’America”. Un altro Rosazza Buro, Giovanni Antonio Angelo, era ritornato ammalato dal Perù. Il 3 ottobre 1875, dopo aver sofferto per tre mesi, finalmente chiuse gli occhi per sempre. Quel ramo dei Rosazza Buro, cui apparteneva lo sfortunato “peruviano”, sviluppò anche una diramazione in Francia. Biagio Ferdinando, nato nel 1831 (con una gemella), si sposò nel 1857 con Marie Moly di Montailleur, sull’Isère. Ebbe prole che gli sopravvisse. Lui, invece, non sopravvisse al vaiolo che lo colpì a Bourgoin nel 1876.

Costantino Mosca Siez era uno scalpellino. Come tanti suoi colleghi di Rosazza era emigrato negli Stati Uniti d’America. Lì, il 16 agosto 1891, non è chiaro dove, non è chiaro come, fu “ucciso dai neri”.

Un altro scalpellino, Edoardo Mosca Siez Pedrò, nel 1900, fu ucciso dalla febbre gialla in quel di Lima, “con altri 5 compatrioti”. Uno di loro era Salvatore Pietro Bernardo Rosazza Grolla, venticinquenne, che durò solo pochi giorni. Pietro Giovanni Battista Rosazza Mina Ciocca morì 24 maggio 1888 a Purios (?), Brasile, in Amazzonia. Era “impiegato nell’estrazione della gomma elastica”. Aveva trentaquattro anni.

Una sezione a parte, infine, meritano i deceduti per colpa del colera.

Il colera dell’agosto 1854, che aveva sorpreso il suddetto Pietro Norza Rava a Genova, era arrivato anche a Busalla, dove viveva Eusebio Rosazza Battore Vercel. Fu sua moglie, Giovanna Rosazza Manuel Berin a morire. Idem come sopra, ma a Savona, per il sessantenne Antonio Rosazza Manuel, il 29 agosto 1854. Il colera si prese anche Lorenzo Battista Mosca Siez, del 1811. Lo aspettava nella Parrocchia del Carmelo a Montevideo, nell’agosto del 1866. L’anno successivo la stessa malattia sarebbe tornata anche in Italia e nel Biellese[1]. Si trattò, in effetti, di una pandemia durata decenni: quel morbo si incontrava ovunque e, il più delle volte, non lasciava scampo. Andrea Giovanni Battista Costantino Rosazza Pistolet lo contrasse a Lercara, presso Termini Imerese, e non ce la fece. Fu sepolto in terra siciliana il 22 luglio 1867. Stesso anno, stessa epidemia: Pietro Gilardi Magnan, classe 1841, a Savignano (Puglia).

Per gli anni successivi altre notizie analoghe si incontrano nelle pagine dei registri della parrocchia. Capiterà, forse, di raccontarne ancora.

 

 

[1] Da segnalare, a titolo di curiosità, che il primo battezzato della appena eretta parrocchia di Rosazza, Eusebio Tommaso Alberto Valz Blin Binella, nato il 21 dicembre 1824, morì il 30 agosto 1854 “dichiarato affetto da cholera”, il che conferma che non era necessario andare chissà dove per contrarre lo spietato “morbus”.

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