A San Giovanni un’antica hosteria [...]

Tipologia Documento
Data cronica
dicembre 2013
Il “Registro delle capitolazioni, ed inventari de beni, e mobili dell’osteria del Santuario di S. Gio. Battista della Valle d’Andorno”
Il “Registro delle capitolazioni, ed inventari de beni, e mobili dell’osteria del Santuario di S. Gio. Battista della Valle d’Andorno”

Contenuto

di Danilo Craveia
La Voce di San Giovanni, Bollettino di San Giovanni, dicembre 2013


Nell’archivio del Santuario di San Giovanni d’Andorno si trova un documento interessante. In gergo archivistico si chiama “filza” un mazzo di fogli cuciti insieme, quindi non un libro o un registro, bensì un fascicolo di carte compilate in periodi diversi e poi, dopo anni o decenni, legate da un filo che le consegna ai posteri come un’unica traccia di eventi passati. La filza intitolata “Registro delle capitolazioni, ed inventari de beni, e mobili dell’osteria del Santuario di S. Gio. Battista della Valle d’Andorno” tramanda circa quarant’anni, dal 1740 al 1779, di contratti di affitto e di elenchi di oggetti relativi a quello che, in epoca più recente, è diventato il caffè-ristorante di San Giovanni.
Un indice improvvisato informa che la filza contiene almeno 163 pagine. Da quell’indice si può apprendere la sequenza degli affittuari. Il primo si chiamava Antonio Giuseppe fu Giovanni Peraldo Zanolino ed era originario del cantone Savoia di San Paolo. Il contratto di locazione triennale ebbe inizio il 15 maggio 1740 e fu rinnovato alla scadenza per altri tre anni. E’ più che probabile che il Peraldo Zanolino non sia stato il primo oste di San Giovanni. Quando sottoscrisse l’instrumento di affitto l’osteria era già più che attrezzata, il che dimostra che l’attività era avviata da tempo. Inoltre, si può presumere che se quello fosse stato l’esordio dell’osteria del santuario, da qualche parte lo avrebbero scritto. A rigor di logica è comunque più credibile che una mescita-trattoria, ossia un locale dove rifocillare i pellegrini, fosse in funzione fin da prima, forse dall’inizio del Seicento quando San Giovanni d’Andorno comincia a essere un santuario “importante”.
Antonio Giuseppe Peraldo Zanolino avrebbe pagato 218 lire “Regie di Piemonte” per ciascun anno e anche questo è un dato rilevante. Il canone di locazione non è affatto tenue, il che vuol dire che la conduzione dell’osteria rendeva bene o comunque abbastanza per pagare un affitto del genere. Tutto ciò porta a pensare che l’osteria fosse frequentata in proporzione di quanto era frequentato il santuario. Anzi, l’una e l’altro si sostenevano vicendevolmente. Infatti, a proposito della frequentazione del pubblico esercizio e delle ricadute reciproche con il luogo sacro, è rilevante l’ultima clausola della “capitolazione” nella quale si stabilisce che “finalmente sarà tenuto, et obligato detto affitavole trattare civilmente, ed onestamente li concorenti, e massime li forestieri per dar adito maggiormente alla Devozione, e concorso a detto Santuario e non gli sarà mai lecito di tener giuochi di carte, balli e soni in detta osteria”.
Prima di dar conto dei successori del Peraldo Zanolino è utile segnalare che l’affittuario dell’osteria di San Giovanni non si accollava soltanto l’impegno di gestire le sale dedicate al ristoro dei devoti viandanti. La documentazione indica che nel contratto di locazione cadevano anche altre incombenze e, soprattutto, altre “unità immobiliari”. L’oste, di fatto, era anche il locatario di alcune cascine e di qualche terreno di proprietà del santuario. L’onere di affitto così alto derivava anche dalla disponibilità di detti beni. L’oste ne godeva (con non poche limitazioni, a dire il vero, come l’impossibilità di abbattere “alcuna pianta da frutto, ne di veruna sorte salve le scalvadure”) traendone profitto. Ma gravavano sulle sue spalle anche alcuni obblighi ulteriori: tenere puliti i fossi e i canali di irrigazione dei prati e “sarà obbligato detto affitta volo di dare a cadun sacerdote di detto Santuario rubbi cinque fieno con l’ingrasso per coltivar il giardino di detti sacerdoti”. Come a dire, quasi cinquanta chilogrammi di fieno e il letame necessario per rendere produttivo l’orto del santuario. Gli immobili erano, nello specifico, il “casone” e la “cassina della possessione di detto Santuario”, più altre due cascine alpestri non identificate e la “Cascina del Sapello”. Nell’inventario inerente l’immissione in possesso del Peraldo Zanolino quegli alpeggi sono descritti sommariamente nella loro estrema semplicità. Malgrado ciò due elementi dovevano essere mantenuti in perfetta efficienza: la serratura dell’uscio e il tetto.
Lo stesso inventario descrive dell’osteria vera e propria e permette di “fare un giro” all’interno dei vani. Nella “crotta à terra” c’erano quattro “botalli” per il vino, poi c’era la stalla, la “stanza fogolara” al piano terreno, la cucina al primo piano, la “galleria” al secondo e la stanza d’alloggio al terzo. Sono elencati i tavoli, le sedie e gli utensili così come si trovavano e così come l’affittuario doveva conservarli “da bon padre di fameglia”.
Ecco infine chi tenne l’osteria in quello scorcio di XVIII secolo, segnalando fin da subito la presenza di una donna e di un “subappalto”:
 
Pietro fu Giovanni Cucho (1746-1749)
Giuseppe Peraldo (1749-1752), forse si tratta dello stesso Antonio Giuseppe Peraldo Zanolino
Antonio Moscha Toba (1752-1755)
Antonio Vanni (1755-1758)
Lorenzo Mazzuchetto Galla (1758-1767)
Maria vedova di Pietro Zedda Bianca (1767-1770)
Giovanni Antonio fu Giovanni Battista Lampo (1770-1773)
Eusebio fu Giovanni Antonio Mosca (1773-1776)
Giovanni Maria fu Bernardo Cucco “o sia Giacomo fu Antonio Savoia Franc di lui cessionario” (1776-1779)
Carlo fu Pietro Antonio Mosca Zonca (1779-….)
 
Nell’Ottocento l’antica osteria si trasformò e assurse al rango di albergo, caffè e ristorante, un locale ben inserito nell’atmosfera raccolta, ma ricca di suggestione del Santuario di San Giovanni d’Andorno. Pellegrinaggi e turismo crescente fecero sì che l’esercizio fosse più che attivo, anzi un vero punto di forza della struttura, anche grazie alle capacità e all’iniziativa dei conduttori. Si potrà parlare di loro in una prossima puntata.

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