La statistica della Grazia

Tipologia Documento
Data cronica
giugno 2016
La statistica della Grazia
La statistica della Grazia

Contenuto

di Danilo Craveia
La Voce di San Giovanni, Bollettino di San Giovanni, giugno 2016


La "Historia, gratie, e miracoli del Sacro Simolacro di S. Gio. Battista venerato in una caverna ridotta in capella nella Chiesa à lui dedicata nel Sacro Monte della Valle d'Andorno" è un libretto di un centinaio di pagine, stampato a Torino nel 1702 da Giovanni Battista Fontana. Lo scrisse (senza firmarlo) l'allora parroco di Campiglia Cervo, don Giovanni Battista Furno (1626-1706, nativo di Lenta, prevosto a Campiglia Cervo dal 1654), che era anche il priore del Santuario di San Giovanni d'Andorno. Il volumetto contiene anche due bei "legni", ossia tavole colorate, opera di tale Gamba, incisore, di cui potete osservare la maestria nelle immagini qui riprodotte. Il libro è una piccola rarità bibliografica, ma è anche una fonte di grande interesse per la ricostruzione della storia di quel luogo straordinario che è San Giovanni d'Andorno. Tutti coloro che si sono occupati del passato del Biellese e, in particolare, di quello dell'Alta Valle del Cervo hanno dovuto aver a che fare con la "Historia" di don Furno.
Per questa ragione si potrebbe pensare che, ormai, quei pochi fogli abbiamo più poco o nulla da dire, ma il pregio dei libri come quello sta nella sostanziale inesauribilità delle loro possibilità di analisi e di interpretazione. Il cuore del lavoro di don Furno, tipico esempio di "storiografia" devozionale (o di esercizio di devozione storiografica a seconda di come la si vuole considerare), sta nella puntuale descrizione di tutta un'ampia casistica per l'appunto di grazie e di miracoli fatte e compiuti dal Precursore di Cristo nella sua versione vallecervina. Nella più piena e profonda buona fede, anzi Fede, il priore intendeva pubblicizzare il "suo" santuario e i prodigi in esso verificatisi ad maiorem gloriam Dei e, in seconda battuta, ad futuram rerum memoriam. Per credere e per ricordare, insomma. Nel piccolo tomo trovarono posto anche svariate dedicazioni,  introduzioni, permissioni e non pochi versi in rima, ma ciò che ci interessa qui, oggi, è proprio quella lunga lista di eventi più che speciali avvenuti in quei tempi.
Eventi che la devotio populi di allora non ebbe dubbi nell'attribuire a San Giovanni Battista, ossia alla sua statua venerata sull'alpe della Balma. Si può quindi provare a offrirne una lettura quantitativa, cioè a valutare gli elementi numerici, anzi statistici di quelle grazie e di quei miracoli. Prima di tutto il riferimento cronologico: don Furno incluse "fatti" accaduti tra il 1654 e il 1701, anche se la maggior parte degli episodi si concentra nel periodo compreso tra il 1685 e il 1694. La narrazione imbastita dal 100parroco procede quasi in ordine di data, ma la progressione temporale non era una prerogativa dell'autore, tant'è che l'autore si concede più di una digressione.
D'altro canto il suo intento non era né accademico né scientifico, ma solo religioso, quindi poteva anche permettersi di saltare un po' avanti e indietro. In ogni caso, in quel quasi ordine sequenziale si trovano circa 90 micro-racconti. Si tratta di 90 storie più o meno incredibili, ci mancherebbe, e tutte, come è ovvio che sia, puntano su San Giovanni d'Andorno come l'ago di una bussola punta al nord. Si tratta, fatta salva una mezza dozzina, di storie di guarigione, di salute ritrovata, di speranza ben riposta. Su quelle 85 vicende di persone sofferenti e poi, per grazia ricevuta, sanate, concentreremo l'attenzione di questa statistica, tenendo a mente che, in qualche caso, lo stesso uomo o la stessa donna ebbero più d'una prova della bontà di San Giovanni Battista ricevendo più d'una grazia, magari a distanza di anni. Partiamo dal sesso: 39 volte i miracoli riguardano donne, anche se a una lettura superficiale i nomi femminili sembrano preponderanti. E' un errore di interpretazione dovuto al fatto che erano le donne a comunicare e/o a "presentare" il prodigio, ma spesso erano grazie che non si riferivano a loro stesse: le mogli testimoniavano per i mariti, le madri per i figli ecc. Così le donne appaiono più numerose e verrebbe da credere che quella per San Giovanni Battista fosse una devozione più muliebre che virile e, forse, il dato non è così lontano dal vero in assoluto, anche se i miracolati furono più che altro uomini. Per quanto riguarda, invece, l'età non ci è permesso scendere troppo nel dettaglio, anche se tutte le fasce anagrafiche sono rappresentate. Comunque sia i bambini citati direttamente o indirettamente sono 31. Dal punto i vista della provenienza si segnalano 13 o 14 forestieri (il quattordicesimo è un tale proveniente dal Marchesato di Crevacuore che, all'epoca, era di fatto un paese straniero). Gli altri tredici includono un francese e un fermano (ma entrambi al servizio del vescovo di Vercelli), quattro originari della Valle del Lys, un milanese, due santhiatesi, due di Livorno Ferraris, uno di San Germano Vercellese, un eporediese e un gattinarese. Il grosso è costituito da valligiani e, ben distinti dai veri valìt, da gente di Andorno, Sagliano e Tavigliano. Oltre ai "cristiani", in senso antropologico, si deve indicare anche un cavallo che il suo padrone, un Mazzocchetto soldato di cavalleria, affidò al Santo perchè lo salvasse  dopo le non poche peripezie vissute all'assedio  di Pavia del 1654.
Dopo questa curiosità extra statistica ecco un'altra elaborazione, forse la più interessante, ovvero quella inerente le tipologie di malanni patiti dai ricorrenti alle cure celesti del Battista. E' chiaro che la descrizione clinica offerta da don Furno è da prendere con le molle, almeno in molti casi, quindi la seguente ripartizione va considerata con beneficio d'inventario, ma è comunque un criterio di valutazione numerico abbastanza attendibile. In ordine decrescente abbiamo malattie e/o disturbi gravi o gravissimi riferibili alla funzionalità polmonare (1), all'apparto genitale maschile (1), a quello neurologico (2), urinario (2) e fonetico, cioè il recupero della parola (2), al parto (2), all'ambito ginecologico (2), al sistema uditivo, ossia al recupero dell'udito (3), al mal di gola (3), alle febbri "quartane" (3), a problematiche gastroenteriche (3), a episodi di paralisi (4), a manifestazioni riconducibili alla scrofola, cioè la tubercolosi del sistema linfatico (4), agli "storpi" dalla nascita (5), alla gotta (6), alla restituzione della vista (6), a fenomeni non meglio specificati di "dolori" invalidanti (10) e al mal caduco, ovvero all'epilessia (16). Completano il quadro gli otto incidenti sul lavoro e una caduta da cavallo.
Le guarigioni e i salvataggi miracolosi ebbero conferme ufficiali (da testimoni giurati, notai, sacerdoti, medici e/o affini) in almeno mezza dozzina di occasioni diverse, attestazioni di veridicità che don Furno non omise di certo nella sua cronaca. Ulteriori indicazioni quantitative fanno riferimento al numero e al tipo degli oggetti portati in dono al santuario per impetrare o per ricambiare un segno di benevolenza da parte del "Venerato Simulacro". Nella maggioranza dei casi i miracolati si sdebitarono con somme di denaro più o meno consistenti, legate a messe da celebrare, ma alcuni scelsero modi differenti di dimostrare la propria riconoscenza. Sei di loro optarono per tavolette dipinte, mentre quattordici conferirono figure di cera rappresentanti tanto l'individuo per intero quanto gli arti risanati o la testa guarita e una donna liberata dai suoi guai più intimi volle donare una "matrice", cioè l'organo femminile effigiato (fatto non così strano, visto che anche a Oropa ci sono testimonianze analoghe). E ci furono anche due occhi d'argento. Va da sè che il cavaliere di cui sopra non potè esimersi dal lasciare nella grotta benedetta una specie di statuina, pure di cera, a forma di cavallo. La narrazione di eventi tanto singolari non può ovviamente limitarsi, come abbiamo fatto sin qui, alla mera successione di cifre, alla elencazione in colonna per sommare a piè di lista. Ogni grazia, ogni miracolo racchiude un frammento di vita vera, un momento di esistenza vissuta dai protagonisti e dalle comunità entro cui sono nati e morti. Adesso che ci sono chiari i numeri potremo, la prossima volta, scordarci delle quantità e occuparci delle qualità e tornare in argomento, ma con interessi e sensibilità diverse.
 

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