Grazie e tome a San Giovanni

Tipologia Documento
Data cronica
gennaio 2016
Grazie e tome a San Giovanni
Grazie e tome a San Giovanni

Contenuto

di Danilo Craveia
La Voce di San Giovanni, Bollettino di San Giovanni, gennaio 2016


La scelta di riordinare l'Archivio Storico della Parrocchia di Campiglia Cervo si sta rivelando molto proficua anche per contribuire, con nuovi documenti, alla ricostruzione della storia di San Giovanni d'Andorno. In mezzo alle carte campigliesi, anzi spesso nelle stesse filze e negli stessi registri, si trovano tracce rilevanti e, per molti aspetti, inedite, circa le vicende del santuario. Per ragioni amministrative e giurisdizionali storiche è, in effetti, del tutto normale che tale documentazione si trovi a Campiglia: anticamente il parroco era anche il rettore di San Giovanni e solo in tempi relativamente recenti (seconda metà del XVIII secolo) nel santuario si è andato formando un sistema contabile e  documentario "autonomo". Durante i lavori di archiviazione a San Giovanni (2010-2012) questa situazione si è evidenziata nettamente e, di conseguenza, si è avviato il cantiere di Campiglia con la speranza di colmare almeno in parte le "lacune" riscontrate nell'archivio del santuario. I risultati sono stati, sotto non pochi punti di vista, quelli attesi e adesso è quindi possibile muovere i primi passi di un cammino di restituzione che si preannuncia interessante.
Un esempio minimo ma ricco di spunti è rappresentato dalle informazioni contenute del "Libro offerte e messe S. Gio. Batta anno 1650 all'anno 1697". Nel volume, con la coperta in pergamena piuttosto malconcia, ma ancora sano nella legatura e nelle pagine, si leggono le registrazioni delle somme offerte (elemosine) e delle messe votive fatte celebrare nel santuario.
La rendicontazione avveniva sempre al 24 giugno (giorno della festività della nascita del santo). Oltre ai semplici "numeri", nel registro sono inclusi altri documenti notevoli. Questi ultimi saranno i protagonisti di queste poche righe di commento. In primis si incontra un memoriale dedicato a una processione devozionale dei cantoni e delle comunità della valle a San Giovanni d'Andorno svoltasi il 24 settembre 1684.
Vale la pena di riportare l'intero "racconto" di quella giornata straordinaria nel dialettale e suggestivo volgare del tempo. "Essendo che per li pecati del genere humano il somo Idio con suoi castighi mandava piogie continue furono il giorno sudeto fra la solenità della mesa parochiale incitati dal Molto Illustre et Molto Reverendo Signor Teologo e Priore della Valle D. Gioani Battista Furno et Vicario foraneo di Andorno li suoi parochiani a pregare il somo Dio che per li meriti di Maria sempre Vergine et Santissimo Gioani Battista et Santi Avocati della presente valle volesse aplacare la sua divina ira e così ordinò deto Signor Priore che si facesse una procesione generale alla Chiesa di Santo Gioani Battista li vinti quatro del stesso settembre et che volesero li parochiani concorere con qualche luoro ellemosina dove che si fece detto giorno la procesione generale et si ottene la gratia dal Signore del bon tempo come resta paleso ad ognuno et in tal giorno furono di nuovo avisati li parochiani per venire hoggi li otto ottobre percionalmente à ringratiare Dio et Maria Vergine et Santo Gioani Battista dove sono concorsi a fare ellemosina li particolare delli cantoni quivi infrascritti et primo li 24 settembre giorno della prima procesione il cantone di Piaro porto di ellemosina livre dieciotto con sua torcia...".
La pioggia flagellava la Bürsch e la gente di Piaro fu la prima ad accogliere l'accorato invito di don Furno. Il Padreterno, con l'intercessione della Madonna, di San Giovanni e di una non meglio identificata schiera di protettori celesti, disperse le nuvole e di fronte a tanta divina clemenza anche gli altri valìt non poterono esimersi dal portarsi processionalmente al santuario l'8 ottobre per dimostrarsi degni della grazia ricevuta. Segue, infatti, la lista delle borgate con le rispettive offerte in denaro (oltre a una "torcia", ovvero un cero, per ciascuna). Da Rosazza e Vittoni a "Becha" (Beccara), da Savoia e Oretto a "Rija Bella", da Gliondini a "Mosche Valle e Norze", da Forgnone a Piana, da Bariola a Campiglia (capoluogo) e poi "Mazocheti", Mortigliengo, Driagno, Magnani e "Orio di Mosso". Gli abitanti di Rosazza e Vittoni furono di gran lunga i più generosi. Complessivamente furono raccolti 208 lire, 8 soldi e 10 denari che don Furno ritirò e impiegò subito "per pagare li debiti che sono della presente chiesa masimo che giornalmente si va fabricando".
Don Giovanni Battista Furno di Lenta, parroco-priore di Campiglia Cervo e rettore di San Giovanni dal 1654 al 1706, fu il vero costruttore di San Giovanni, ovvero fu colui che trasformò la primitiva chiesetta alpestre in un santuario con tutti i crismi. Ma un'operazione del genere, per cui spese molte delle sue energie, esigeva anche costi economici elevati. Ecco dunque l'invito a manifestare anche in solido la devozione per il Battista. A titolo di curiosità va segnalato che anche la cera era oggetto di contabilizzazione. Le trentaquattro libbre ricevute complessivamente furono assegnate ai "ministri" di San Giovanni, messer Giovanni Lorenzo Piatti e Bernardo Savoia.
La pagina successiva tramanda che anche gli altri cantoni della valle non fecero mancare il loro appoggio finanziario. Non erano presenti né il 24 settembre né l'8 ottobre, ma il 27 dicembre 1684 (ricorrenza dell'altro San Giovanni, l'Evangelista) ebbero modo di dare il loro contributo anche Quittengo (diviso in "di qua" e "di là"), "Macciotta e Romano, Bertazzo e Roreti, Monte Asinaro". Erano altre ottanta lire circa che avrebbero aiutato don Furno a procedere con le opere in corso di esecuzione. E non mancarono altre 19 libbre di cera.
Il foglio seguente cambia completamente lo scenario riportando i resoconti, entrambi sottoscritti da tale P. (Pietro? padre? presbitero?) Vialardo di Verrone (1), di due grazie attribuite a San Giovanni Battista. La prima, quella ottenuta da Francesca Maria figlia di Giovanni della Bura di Bollengo, liberata dal mal caduco (epilessia) del quale soffriva da cinque anni.
La seconda, quella ricevuta dalla figlioletta di Ludovico Alciato di Mottalciata, anch'essa ammalata (non è specificato di quale patologia) e guarita miracolosamente. Il primo caso è datato 30 agosto 1688, il secondo 27 luglio 1692 (2).
Da questo punto in poi e fino al termine del registro si è informati non più degli interventi portentosi riconosciuti al "Sacro Simolacro" della balma, bensì a più prosaiche notazioni di oblazioni in natura. Più prosaiche, ma non meno significative e utili per gettare uno sguardo sulla vita valligiana di allora. Le comunità montane rurali della fine del Seicento basavano la propria sussistenza sul lavoro connesso all'emigrazione (già allora, gli uomini partivano a cadenza stagionale prestandosi come manodopera tecnica qualificata nelle costruzioni di grandi infrastrutture, ovvero fortificazioni, per lo più a Milano e a Lodi (3)), sulla magra agricoltura alpina e, soprattutto, sulla pastorizia. E l'allevamento bovino (ma anche caprino e ovino) sottendeva alla caseificazione. Produrre burro e formaggio era l'attività artigianale prevalente nella zona e le tome, come i maccagni, piuttosto che il "butirro", diventavano una sorta di "moneta" con cui regolare un certo tipo di transazioni. Le decime dovute al parroco di Campiglia Cervo erano pagate quasi in toto con prodotti caseari. Così come le offerte per San Giovanni, versate ovviamente il 24 di giugno, non potevano che essere costituite per la maggior parte di forme di formaggi stagionate negli alpeggi e nelle case della Bürsch. Perché tutto quel formaggio al santuario? Per devozione, per dovere morale, per generosità. Non c'erano né imposizioni né obblighi (4). A chi o a che cosa era destinato tutto quel formaggio? San Giovanni attraeva pellegrini da ogni dove ed era necessario, una volta giunti lassù, sfamarli. Poi c'erano i sacerdoti e il personale avventizio, specialmente d'estate. Castagne, latte, vino, pane, polenta e formaggio costituivano la "dieta" disponibile (composta da alimenti di norma a lunga conservazione e nutrienti). Inoltre il formaggio in esubero poteva essere rivenduto con un ulteriore possibile incremento del reddito del santuario.
Le registrazioni, che coprono (pur con qualche salto) il periodo 1672-1696, sono molto semplici: nomi dei "ministri" riceventi (non sempre) e quantità pesate espresse in rubbi e libbre [vedi la tabella nel PDF allegato].
Osservando quelle cifre e facendo qualche conto si possono ricavare alcuni elementi d'interesse. Prima di tutto è evidente la sostanziale omogeneità delle offerte. La media di circa 40 rubbi l'anno permette di ipotizzare una sorta di standardizzazione, una specie di regolamentazione spontanea nella ripartizione dell'onere auto-imposto. In altre parole, rimanendo pressoché costante il numero degli offerenti, i totali medi indicano che tutti donavano più o meno sempre la stessa quantità di formaggio. Inoltre la somma dei parziali annuali porta a 823 rubbi, 3 libbre e 14 soldi (o once) (5). Aggiungendo un dato analogo per le annate mancanti (1675, 1693 e 1694) si raggiungono i 900 rubbi. Ogni rubbo vale circa 9,22 chilogrammi. La moltiplicazione produce un peso complessivo di 8.300 chilogrammi (6). Con questi dati (7) e con qualche conoscenza di tecnica casearia si potrebbero probabilmente costruire modelli approssimati credibili circa la quantità del bestiame allevato nell'area, la capacità produttiva effettiva, la percentuale di "reddito" destinata alle offerte ecc. Sarebbe un esercizio di storia della produzione agricola gradito ai cultori del genere, come Emanuele Sella, che negli anni Trenta del Novecento si cimentò in calcoli similari per suffragare la sua visione "mistico-economica" delle origini del Santuario di Oropa. Naturalmente anche gli studiosi moderni avrebbero molto materiale su cui lavorare.
Questa breve disamina dovrebbe poter rendere l'idea di come e di quanto i documenti della Parrocchia di Campiglia Cervo possano offrire in merito alla comprensione degli avvenimenti del passato del Santuario di San Giovanni d'Andorno. Il cantiere di archiviazione procede e tra non molto tutte le carte saranno descritte e inventariate in modo da facilitarne l'analisi preliminare e la fruizione.


(1) Tale Vialardi di Verrone potrebbe essere uno dei sacerdoti attivi nel santuario.
(2) E' interessante notare che i tre eventi straordinari segnalati nel registro non sono stati inseriti nel novero di quelli attestati da don Furno nella sua opera "Historia, gratie e miracoli del Sacro Simolacro di S. Gio. Battista venerato in una caverna ridotta in capella nella chiesa à lui dedicata nel Sacro Monte della Valle d'Andorno" uscita nel 1702 a Torino per i tipi di Giovanni Battista Fontana. Una dimenticanza? Difficile crederlo. Piuttosto questi "fatti" non poterono superare il severo esame del sacerdote storiografo desideroso di trasmettere alla posterità solo grazie e miracoli veri e certificati.
(3) Per esempio, il legato testamentario di Giovanni Battista Accati, che istituiva la scuola a San Giovanni, è datato 8 giugno 1713 in Lodi.
(4) Al contrario, la Parrocchia di Campiglia Cervo esigeva in termini di imposizione fiscale ecclesiastica il conferimento di un cospicuo quantitativo di formaggio (tome stagionate e latticini freschi) computato sulla sommatoria della produzione dell'intera comunità tassata in quattro giorni dell'anno. Questo balzello, oggetto di continue controversie e di costanti morosità, era applicato non solo ai valligiani soggetti all'autorità del parroco di Campiglia Cervo, ma anche agli uomini appartenenti a parrocchie diverse (come Piedicavallo). Tale diritto di esazione esteso a tutta la vallata costituiva in effetti una sorta di risarcimento a favore della chiesa matrice per aver perso la giurisdizione parrocchiale su alcune borgate resesi indipendenti con l'erezione di parrocchie autonome.
(5) Il rubbo era composto da 25 libbre, a loro volta formate da 20 soldi o once.
(6) Da segnalare anche la registrazione dell'offerta di 4 rubbi di olio di noce consegnati a San Giovanni da Martino Gaia, "molinaro delle Fontane", tra la fine del 1696 e l'inizio dell'anno successivo.
(7) Confrontati e integrati con quelli inerenti i conferimenti di formaggi alla Parrocchia di Campiglia Cervo che attestano grosso modo la produzione giornaliera delle singole comunità.


 

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