A Gliondini nel Settecento: nuovi documenti nell'Archivio Parrocchiale

Tipologia Documento
Data cronica
2018-2019
A Gliondini nel Settecento: nuovi documenti nell'Archivio Parrocchiale
A Gliondini nel Settecento: nuovi documenti nell'Archivio Parrocchiale

Contenuto

di Anna Bosazza e Danilo Craveia
Comunità Parrocchiale dei Ss. Bernardo e Giuseppe, Bollettino parrocchiale di Campiglia Cervo, 2018-2019


Il bello (si fa per dire...) degli inventari degli archivi è che quando si considerano completi, conclusi, finiti, salta sempre fuori qualche altra carta, un nuovo involto di documenti che riaprono la questione, che obbligano a rimettere mano al lavoro appena concluso. L'Archivio Parrocchiale di Campiglia Cervo non fa eccezione. Il cantiere della canonica di don Paolo si è chiuso da qualche mese, ormai, ma, come era nelle attese, qualcosa era sfuggito al censimento e alla catalogazione, quindi... tutto da rifare. No, per fortuna non si tratta di rifare, semmai di incrementare e di integrare. Ironia a parte, infatti, è sempre positivo quando emerge qualche novità: significa salvare altre testimonianze, strappare altre informazioni all'oblio, imparare altre cose.
Così è stato che una scatola da scarpe è stata ritrovata, estratta dal suo nascondiglio e aperta come uno scrigno del tesoro. Conteneva un registro, una mezza dozzina di quaderni, alcune buste e una manciata di documenti. Non molti "pezzi", ma preziosi. Un insieme di memorie relative all'Oratorio di San Mauro di Gliondini, per il periodo compreso tra la metà del XVIII secolo e gli anni Sessanta del Novecento.
Per dare un'idea del valore del ritrovamento basta sfogliare il registro (che va ad aggiungersi a un altro libro contabile già noto, ma più recente). È il tipico libro dei conti tenuto dagli amministratori di un piccolo ente, com'era quell'oratorio di borgata. Le annotazioni, riferite all'intervallo cronologico compreso tra il 1749 e il 1835, semplicemente raccontano tutto ciò che è avvenuto dentro e fuori alla chiesetta, le entrate e le uscite di una contabilità esigua, ma significativa, ridotta all'osso, ma comunque ricca di curiosità e di spunti di riflessione.
Le due "colonne" dedicate al "caricamento" e allo "scaricamento" permettono di seguire passo passo il trascorrere delle annate apparentemente tutte uguali, ma in realtà caratterizzate da evoluzioni e da sviluppi quasi impercettibili, ma costanti. Tra le righe che tramandano lo "esatto" e lo "speso" si celano non solo i lavori che hanno trasformato l'edificio dalle sue forme primitive a quelle attuali, ma anche gli eventi più o meno ripetitivi o estemporanei che hanno segnato la vita di una comunità minima e tutta raccolta attorno al suo santo patrono, l'abate Mauro, il discepolo prediletto di San Benedetto da Norcia.
Il tempo locale medio di Gliondini era regolato sulla data della festa patronale, il 15 gennaio. Era quello in giorno in cui i "ministri" e le "ministre" rendevano i conti e passavano le consegne dopo un anno di gestione. Era quella l'occasione per tirare una riga al piede delle liste parallele, per verificare quanto era rimasto in cassa, per avere contezza dei crediti e dei debiti. E per chi osserva quelle pagine a due secoli e mezzo di distanza si presenta la possibilità di apprendere molto sul modo di vivere di quei valìt della banda veja.
È sufficiente un assaggio, giusto una cinquantina di pagine di quel registro, per capire che vale la pena di riscrivere qualche paragrafo dell'inventario dell'archivio parrocchiale. Nel 1748 ci fu in valle la penultima visita pastorale del vescovo di Vercelli. Nel 1771 l'ultima (l'anno seguente sarebbe nata la Diocesi di Biella). Ventitre anni in cui le attività ordinarie si intrecciarono con eventi straordinari. Ogni anno, come detto, la festa di San Mauro: la solita lotteria e l'incanto (il cappello e le calze per i più fortunati, un agnello o un vitello, una forma di toma o un "faudallo" per i più generosi), la locazione dei beni immobili di proprietà dell'oratorio (per lo più boschi: nel 1766 si erano anche appuntate le norme per i fittavoli in merito alla tenute delle piante esistenti sui terreni affittati), la colletta di anonimi benefattori. Da segnalare, a proposito delle collette, quelle raccolte nelle "bussole" dei lavoratori gliondinesi emigranti. Funzionava in questo modo: ogni anno si avviava una "campagna", ossia una stagione di cantieri lontani da casa. Si avvicendarono quelli a Fenestrelle, quelli in Savoia, altri a Nizza, altri ancora in Valle d'Aosta e quelli "piemontesi" in genere. I valligiani raggiungevano luoghi distanti, ma niente affatto remoti per gente abituata a spostarsi per far valere la propria abilità nell'edilizia (soprattutto quella specializzata nella pietra per la realizzazione delle fortificazioni alpine del Regno di Sardegna) e per guadagnarsi il pane. Gli uomini di Gliondini si muovevano in gruppo e in gruppo si "auto-tassavano" per posare qualche lira sul "piat" delle elemosine che girava in piazza durante la festa.
Ma la contabilità degli amministratori dell'Oratorio di San Mauro racconta anche della "inchona" (il quadro dell'altare maggiore) dipinta nel 1748 dal più illustre tra gli gliondinesi, quel Giovanni Antonio Cucchi (1690-1771) che nacque a qualche metro dalla chiesuola del cantone e che onorò la Bürsch portando la sua arte fino a Milano e nel mondo. Racconta di quando, tra il 1754 e il 1755 la gente di Gliondini volle il campanile che mancava al vecchio oratorio (la prima traccia dell'esistenza dello stabile in costruzione risale al 1681). Acquistarono allora una campana in quel di Torino, fusa da un certo Mosca (valët anche lui?). Proprio nel 1755 si udì nel villaggio per la prima volta la voce della campanella appesa nella torretta campanaria. I lavori sul campanile e sull'intero edificio andarono avanti per tutto il decennio a venire e oltre. L'Oratorio di San Mauro cambiò volto, fu ampliato, allungato, rifatta la facciata, sistemato il tetto: calcina, "moni" (ossia mattoni), coppi e tanti tanti cantoni (un paio di magliaia tra il 1765 e il 1767).
E racconta anche di come fu costruita la piazzetta acquistando quel fazzoletto di terra che ancora serviva (1750), di come i devoti di Gliondini vollero procurarsi una prima indulgenza, comprandola a Roma e facendola validare dalla Curia episcopale di Vercelli (1758), e poi un'altra con le medesime modalità (1766). Di come il pregevole dipinto del Cucchi fu protetto con una tenda, affinché non si rovinasse con la luce del sole e con la polvere (1768) e anche di come fu acquistato un "contraltare" (1769), cioè un paliotto, forse quello di cuoio dipinto che è ancora visibile, appeso, sulla parete sinistra e che, secondo don Lebole ("Storia della Chiesa Biellese", vol. V, Biella 1989, pag. 82), rappresenta una vera e propria rarità a livello locale.
Il 17 settembre 1771, durante la visita pastorale di cui sopra, il cancelliere vescovile Genestrone prese visione del libro dei conti e non piacque nemmeno un po'. In effetti le registrazioni apparvero allora al funzionario di curia (e appaiono tuttora) non esattamente ordinate e neppure sequenziali. Vanno un po' interpretate e alcuni termini restano oscuri, trasposti dal dialetto in un italiano più creativo che approssimativo. Chissà che cosa intendevano dire scrivendo "cajnetto", "trussa", "tresa", "stachette" e "papiero"?
Un altro aspetto mise in evidenza il fiscale Genestrone: l'Oratorio di San Mauro di Gliondini era diventato una specie di banca. Niente di nuovo sotto il sole: chi aveva del denaro o chi aveva titoli per esigerne non si faceva scrupolo di prestarlo o di dilazionarne l'esazione applicando gli interessi in corso legale. L'amministrazione della chiesetta gliondinese fece ciò che facevano tutti e non c'era, nel farlo, né peccato né reato.
Ma i conti tenuti senza rigore e l'eccessiva disinvoltura nel concedere credito ai debitori (specialmente se si trattava di "ministri" in ritardo nella rendicontazione) potevano creare disguidi dannosi e, a lungo andare, dissesti economici, cause costose e tensione sociale. Il pignolo cancelliere del vescovo aveva messi sull'avviso i parrocchiani di Gliondini, ma aveva anche "tirato le orecchie" al loro parroco, che di fatto, non vigilava a sufficienza sul loro operato.
Visto? Alla fine, non è poi un dramma se gli inventari degli archivi risultano sempre "superati dai fatti". Una storia come quella restituita dai "nuovi" documenti gliondinesi val bene un'aggiunta nella lista, un ricalcolo della consistenza e un'altra stampa dell'elenco. L'Archivio Parrocchiale di Campiglia Cervo è migliorato per quantità e qualità, questo è quel che conta davvero.
 

Persona

Ente

frazione