L’origine dei Parchi della Rimembranza

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Appena finita la Grande Guerra, la memoria dei caduti assunse carattere istituzionale. Nel Ministero dell'Interno si costituì un’apposita Commissione Nazionale per le Onoranze ai Militari d’Italia e dei paesi alleati morti in guerra (Regio Decreto 24 agosto 1919) presieduta dal Generale Armando Diaz, che si occupò dell’istituzione dei cimiteri di guerra e del rimpatrio delle salme. Non furono stabilite procedure specifiche per le commemorazioni né per i monumenti, che sorsero, in quel primo periodo, per iniziative locali spontanee.

Nelle settimane successive alla presa del potere, il Governo fascista strutturò un apparato legislativo per promuovere il tema della memoria dei caduti. Dopo la sua partecipazione alla “Festa degli alberi” di Fiesole del 26 novembre 1922, con la circolare del 27 dicembre seguente, il Sottosegretario al Ministero dell'Istruzione Pubblica, on. Dario Lupi (1876-1932), sollecitò tutti gli uffici periferici affinché «le scolaresche d’Italia si facciano iniziatrici dell’attuazione di una idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la Strada o il Parco della Rimembranza. Per ogni caduto nella grande guerra, dovrà essere piantato un albero». Fu anche stampato un opuscolo circa le Norme per i viali e parchi della rimembranza, che fu inviato a tutti i comuni. I giovani dovevano perpetuare il ricordo di coloro che, combattendo e morendo, avevano dato libertà e futuro alla Patria. L’idea di costruire simili parchi o viali, dove gli alberi assumevano il ruolo di tombe “viventi”, era nata dall’esperienza tedesca degli Heldenhain, cioè i “boschi degli eroi” creati fin dal 1914, e, soprattutto, dalla “Strada della Rimembranza” di Montreal, cui l’on. Lupi si era liberamente ispirato, come affermato nel discorso di Fiesole e nel suo volume Parchi e viali della Rimembranza. Alla fine del 1923, i comitati attivi erano poco meno di seimila e i parchi della rimembranza costruiti e inaugurati erano già più di mille.