Sacro Monte di San Giovanni d'Andorno
Tipologia Oggetto
Data cronica
- XVII-XVIII secolo
Tipologia
- sacro monte
Identificazione del soggetto
- SCOPRI LA MAPPA
Le cappelle del Sacro Monte attualmente esistenti sono cinque (tutte fornite di un portico antistante, in pietra intonacata, che doveva servire da luogo invitante alla preghiera, al riposo del viandante e al suo riparo contro improvvisi temporali) e si trovano lungo la comoda mulattiera a tornanti, gradonata e acciottolata, detta degli “Ortüsc”, costruita tra il 1694 e il 1695 sull’antico sentiero che collegava l’abitato di Campiglia Cervo con il Santuario di San Giovanni d’Andorno.
Poste in corrispondenza dei cambi di direzione, le cappelle sono omogenee per caratteri costruttivi, manto di copertura e semplicità dell’impianto planimetrico, impostato su una cella di rigorosa forma quadrata, sia pure con dimensioni leggermente differenziate.
Le cinque cappelle sono dedicate, in ordine di percorso, ai santi anacoreti dei primi secoli del Cristianesimo: San Paolo Eremita e Sant’Antonio Abate, Sant’Ilarione, San Girolamo, Sant’Onofrio e Santa Maria Maddalena penitente.
A queste va aggiunta, per quanto non più esistente, quella dedicata a San Zaccaria (padre di Giovanni Battista e, a sua volta, eremita per un certo periodo della sua vita).
S. Giovanni d’Andorno: la manutenzione impossibile di un cammino dimenticato
(da Quaglia Riccardo, Sacri Monti mancati e mancanti, in "Rivista Biellese" del gennaio 2020)
Anche per il complesso di S. Giovanni d’Andorno l’idea di edificare un Sacro Monte dovette essere più o meno coeva a quelli di Graglia e Oropa se, come risultava a Giuseppe Maffei, una delle cappelle più antiche, dedicata al sogno di Zaccaria, era stata completata nel 1625.15 Impossibile stabilire quale ampiezza si prefiggesse il progetto originale, ma appare verosimile che si incentrasse sulla figura del Precursore, ossia sul titolare del santuario stesso. Stando alla visita pastorale del 1661, in prossimità del complesso sorgevano tre cappelle,16 una delle quali risulta però di impossibile identificazione.17 Di sicuro due, vicine all’ingresso, erano dedicate ad episodi salienti della vita del Battista: la visita dell’angelo a Zaccaria, già menzionata, e la Visitazione; in ogni caso una pubblicazione devozionale del 1702 ricordava solo queste due, «con bellissime statue di rilievo alte al naturale».18 Il tentativo di incentrare un percorso devozionale esclusivo sul santo, almeno apparentemente, non trovò ulteriore sviluppo accanto al santuario, ma l’iniziativa prese letteralmente un’altra strada. Verso la fine del sec. XVII,19 infatti, si fecero lavori di ampliamento e sistemazione alla via d’accesso, ossia alla mulattiera che sale ancora oggi dalla sponda destra del Cervo, dipartendosi quasi all’imbocco del ponte sulla strada verso S. Paolo Cervo, e che si ricongiunge all’attuale provinciale Rosazza-Oropa poco prima dell’ultima curva. Avendo a disposizione, come a Graglia e a Oropa, un cammino ascensionale, dunque anche simbolico, si sviluppò l’idea di costruire edifici che offrissero la possibilità di pause di riposo e riflessione mentre ci si avvicinava al santuario vero e proprio: nel 1700 la loro costruzione era in corso, ad opera di un certo mastro Pietro Magnano20 mentre Pietro Lace di Andorno ne avrebbe affrescato gli interni. Un progetto, quindi, di assoluta originalità, che intendeva rappresentare un’ascesa spirituale attraverso la natura, nella contemplazione della condizione eremitica, fino ad arrivare alla sede dell’anacoreta primo e più importante.21 Non solo: attraverso questo percorso di meditazione e purificazione, gli episodi del sogno di Zaccaria e della Visitazione, benché edificati prima di quelli eremitici (tant’è che già nel 1663 avevano bisogno di riparazioni alle statue),22 poterono divenire elementi coerenti che anticipavano anch’essi l’incontro con il Battista nel santuario vero e proprio. Tutte in precario stato di conservazione, le cinque cappelle che si incontrano salendo da Campiglia sono dedicate, nell’ordine, a:
1) l’incontro tra S. Antonio abate e S. Paolo eremita. Nel timpano che sovrasta il piccolo portico si scorgono tracce della pittura di un corvo che porta miracolosamente il pane a Paolo eremita. All’interno del portico, sopra l’apertura, un cartiglio dipinto, oggi leggibile solo parzialmente,23 recitava: «In adventu S. Antonii Deus duplicavit annonam. S. Paulus primus eremita». Alle pareti: affreschi con la gloria di S. Paolo nei cieli, parzialmente conservati; statue acefale e spezzate in vari altri punti;
2) S. Ilarione. Il cartiglio non è più leggibile.24 Alle pareti: affreschi con le guarigioni operate dal santo, in buono stato; statua del santo, rivestito di un saio e adagiato su un giaciglio con le mani giunte, ormai priva della testa, che è visibile a terra, intera, tra vari detriti provenienti dalla volta;
3) S. Gerolamo. Il cartiglio non è più leggibile.25 Affreschi con le tentazioni subite ad opera del demonio, in buono stato di conservazione in alto ma compromessi da macchie di umidità in basso, soprattutto tra il fondo e la parete alla sinistra di chi guarda; statua del santo seminudo, in ginocchio, nell’atto di percuotersi il petto con un sasso, priva del braccio sinistro e della testa, in pezzi;
4) S. Onofrio. Labili tracce di cartiglio completamente illeggibile sopra l’apertura. Pareti prive di affreschi, peraltro forse ancora esistenti sotto l’intonacatura, che è recente; statua del santo in ginocchio, coperta di fronde in vita, spezzata a metà: tronco e testa giacciono a terra sulla destra, tra numerosissimi altri detriti. I danni permettono un’empirica indagine sulla tecnica di realizzazione perché, sostanzialmente, la statua si è divisa nei tre elementi separati in cui era stata modellata;
5) la Maddalena. I cartigli, oggi illeggibili, erano due, in quanto la cappella, più grande delle altre, presenta due aperture.26 Affreschi alle pareti con la gloria della santa, il mare e la città di Marsiglia, dove la donna sarebbe approdata per predicare il Vangelo dopo la morte di Cristo; statua della santa inginocchiata con le mani giunte, ancora quasi integra, ma con gravi cadute nella colorazione. Accanto a lei un rudimentale altare con croce di legno su cui è poggiato un teschio.
Questo originale Sacro Monte, in ogni caso, non diventò mai un elemento realmente determinante nella vita del santuario. Scarso appeal degli eremiti? Forse. Di certo il percorso, non facilissimo, sarà stato «nell’Estate un delitioso Giardino» come si scriveva nel 1702, ma tutt’altro anche solo in caso di brutto tempo, per non parlare della stagione fredda: accettabile ancora nel secolo XVIII, ma non nel successivo, quando i Rosazza dotarono la Valle di moderne carrozzabili che lo mandarono nel dimenticatoio. Divenuto negletto e trascurato, i problemi di manutenzione accusati da sempre (ridipinture alle cappelle degli eremiti sono attestate nel 1791 e altri interventi nel 1894;27 la strada dovette essere sistemata, in tutto o in parte, nel 1828, 1850 e 187528), ne decretarono il deperimento pressoché totale. Non solo: in alto la cappella della Visitazione fu demolita in epoca non precisata; quella di Zaccaria sopravvisse più a lungo, ma solo fino al 1942. Ubicata praticamente sulla strada, essa costringeva infatti i veicoli a una strana curva – individuabile oggi nello slargo sulla sinistra di chi sale al santuario, dove sono stati collocati i monconi delle originarie colonne – per aggirare l’edificio prima di porsi di nuovo in linea con l’ingresso del complesso ed eventualmente proseguire in direzione della galleria Rosazza. Un autocarro della società Alecta di Tronzano, il 30 dicembre 1941, ne danneggiò seriamente il portico; il Consiglio del santuario deliberò rapidamente l’abbattimento, avendo più interesse a eliminare la strettoia che a tentare un restauro.29 La ditta del geom. Elpidio Rosazza di Biella demolì ogni cosa 30 e l’ing. Amilcare Cucco di Biella si occupò della sistemazione del tratto stradale progettando il muraglione a secco ancor oggi in essere.31
Note:
15 G. Maffei, Antichità biellesi, Biella, Tip. Operaia 1885 (ed. anastatica: Biella, Giovannacci, 1989, p. 77). È possibile, come supposto da D. Lebole, Storia della Chiesa Biellese. La Pieve di Biella, vol. V, Biella, Unione Biellese, 1989, p. 114, che il Maffei ricavasse la data da un’iscrizione posta sull’edificio stesso ma il dato, come si dirà, non è più controllabile.
16 Ivi, p. 114.
17 Le fonti citate da Lebole ricordano anche una cappella dedicata all’Immacolata, situata più in basso, lungo la strada che partiva dal ponte Concresio e giungeva al santuario (ivi, p. 114) e una dedicata a S. Giuseppe, certamente fuori dal complesso dell’Ospizio (ivi, p. 137).
18 Historia, gratie, e miracoli del Sacro Simolacro di S. Gio. Battista venerato in una caverna ridotta in Capella nella Chiesa à lui dedicata nel Sacro Monte 14 Rivista Biellese della Valle d’Andorno..., Torino, Gio. Battista Fontana, 1702 (ed. anastatica: Torino, Tip. S. Giuseppe degli Artigianelli, 1919, p. 37). Tra le pp. 16 e 17 è presente un’illustrazione (invero una pallida imitazione delle incisioni del Theatrum Sabaudiae) in cui si identificano le cinque cappelle sulla mulattiera che parte da Campiglia (v. infra), la cappella di Zaccaria quasi all’ingresso del complesso e, tra questa e il Campanùn, un altro piccolo edificio che sarà forse la cappella della Visitazione.
19 Ivi, p. 37, ove si dice «alcuni Anni sono» rispetto, appunto, al 1702.
20 D. Lebole, Storia della Chiesa Biellese. La Pieve di Biella, vol. V, cit., p. 114.
21 Historia..., cit., p. 38: «Questa strada con sue Capelle, e tutt’il Monte ornato di fronduti, e ben disposti Arboscelli, con sotto i verdeggianti e fioriti Mirti & altri fiori di Montani Alessifarmaci rappresenta nell’Estate un delitioso Giardino allettante i Passeggieri a frequentarla, & andarsi trattenendo a contemplare la vita de predetti Anacoreti per gionger sopra il Sacro Monte con maggior disposizione ad honorar e contemplare la Vita del Glorioso S. Gio: Battista».
22 D. Lebole, Storia della Chiesa Biellese. La Pieve di Biella, vol. V, cit., p. 114.
23 Ricostruisco il testo combinando quanto ancora visibile con la trascrizione, non precisissima, presente in G. M. Pugno, Il santuario di San Giovanni Battista d’Andorno, Torino, Stamperia artistica nazionale, 1970, p. 102. Impossibile, stando alle tracce rimaste, il testo indicato da D. Lebole in Storia della Chiesa Biellese. La Pieve di Biella, vol. V, cit., p. 115.
24 G. M. Pugno, op. cit., p. 102 leggeva: «Hilario ... egredere anima mea. Septuaginta annis servisti et adhuc times». È plausibile: si tratta di un adattamento della preghiera levata dal santo in punto di morte secondo la Vita Hilarionis di Gerolamo (cfr. Vita Sancti Hilarionis eremitae, in Migne, Patrologia Latina, vol. 23, col. 54, 45B).
25 G. M. Pugno, op. cit., p. 103 leggeva solo Hieronimo. 26 G. M. Pugno (ivi, p. 104) leggeva in uno dei due «Remituntur [sic] ei peccata multa, quia dilexit multu [sic]», citazione di Lc 7, 47.
27 D. Lebole, Storia della Chiesa Biellese. La Pieve di Biella, vol. V, cit., passim.
28 Archivio del santuario, PAT 493, 494, 495 inv. Craveia.
29 Archivio del santuario, Amm. 045 inv. Craveia.
30 Tranne la lapide che ricorda la munificenza dei fratelli Rosazza, i quali fecero costruire l’attuale provinciale: originariamente collocata sulla parete esterna della cappella orientata verso il fondo valle (dove la si scorge in alcune immagini dei primi del Novecento), la lapide fu recuperata e fissata alla destra dell’ingresso all’Ospizio del santuario. Archivio del santuario, Amm. 107 inv. Craveia.
31 Archivio del santuario, PAT 513 inv. Craveia.
Link esterni