La buona inascoltata lezione del grande valìt "Magnanin" [Eco di Biella, 11 novembre 2017]
Tipologia Documento
Data cronica
- 11 novembre 2017
Tipologia
- articolo di giornale
Contenuto
- La buona inascoltata lezione del grande "Magnanin"
Giovanni Magnani fu un valìt come si deve: impresario e filantropo
L'Arsenale Militare Marittimo di La Spezia è tutto biellese
Il "Magnanin" regalò a San Paolo Cervo un ponte, una strada e il municipio
Per caso ho riletto il saggio di Anna Maria Zorgno apparso sul Bollettino DocBi del 1990-1991 dal titolo "“Elites” imprenditoriali e tecnici intellettuali della valle di Andorno a La Spezia". Se vi capita date un'occhiata. La storia dei prodi impresari della Valle Cervo è, o dovrebbe essere, nota a tutti, ma c'è sempre da imparare. Il testo della docente del Politecnico di Torino è incentrato su quella irripetibile esperienza che fu la costruzione dell'Arsenale Militare Marittimo di La Spezia tra il 1864 e il 1880. Diciassette anni in cui emerse la personalità di Alessandro Mazzucchetti, non solo ingegnere di altissimo livello tecnico, ma anche capo cantiere abile in ogni aspetto della gestione di mezzi, risorse e uomini. Le ricerche della professoressa Zorgno devono molto a quelle effettuate da Remo Valz Blin, pubblicate nel suo "Memorie sull'Alta Valle d'Andorno" del 1959. La lettura dell'articolo sul Bollettino DocBi ha prodotto una rinnovata curiosità per il tomo del geometra di Rosazza, cui si deve riconoscenza e stima per quel lavoro di composizione e di trasmissione di una memoria altrimenti a rischio di oblio (memoria peraltro estesa anche ad Andorno, a Biella e al Triverese negli altri due volumi di Valz Blin il "Vecchio" che, come Pieter Brueghel, ha passato il testimone a un degno "Giovane", l'architetto Gianni). Dalle pagine dell'una e dell'altra fonte si può attingere anche per tratteggiare altre figure che si possono definire "minori", ma senza pericolo di sminuirne il valore assoluto. Mi riferisco, per esempio, a Giovanni Pietro Magnani, detto "Magnanin". Costui, nato a San Paolo Cervo nel 1812, fu uno dei più considerevoli impresari della valle. Sul palcoscenico di La Spezia gli fu affidato il ruolo di segretario generale. Fu con Vitale "Vitalino" Rosazza Pistolet (fratello del più celebre senatore Federico, a sua volta socio nell'impresa) il fondatore della società "Rosazza e Magnani", costituita il 16 gennaio 1864 a Torino, proprio per i lavori dell'Arsenale Militare Marittimo, e ne fu il "tesoriere" fino alla fine. Quando morì, nella notte tra il 27 e il 28 maggio 1893, fu mestamente salutato dalla sua gente come un padre. E di San Paolo Cervo, malgrado di fatto risiedesse a Torino, fu davvero un padre. A lungo sindaco, fu il principale benefattore della comunità. Fece edificare, a partire dalla metà dell'Ottocento, la maestosa villa con parco, oggi abbandonata, che si fa ammirare per chi sale il Cervo (anche Villa Era a Vigliano Biellese è stata realizzata per volere di Giovanni Pietro Magnani e del figlio Pietro), ma se per se stesso e per la sua famiglia il "Magnanin" non stette a lesinare, altrettanto e di più fece per i suoi compaesani Costruì a sue spese il municipio (1887), ricostruì nelle forme attuali il ponte sul Cervo detto "delle Fontane" (1880), cioè quello dell'Albergo Asmara, e la strada carrozzabile che da lì connette la borgata alla provinciale lungo il torrente. Fu presente e generoso in vari contesti pubblici e in molteplici sodalizi filantropici, sia nella vallata sia a Biella, da San Giovanni d'Andorno alle Scuole Professionali Tecniche di Campiglia Cervo che volle e sostenne con l'ingegner Mazzucchetti, dalla Banca Biellese alla Congregazione di Carità del suo paese. Tanta fortuna e ricchezza gli erano derivate dalla sua sagacia e dalla sua tenacia, dimostrate fin dalla gioventù, fin dai primi grandi cantieri in cui ebbe modo di operare. Fu attivo nella costruzione della ferrovia Torino-Genova (inaugurata nel febbraio del 1854) e in quella che collega Alessandria a Vercelli (1855-1860, e in particolare per lo scavo della galleria di Valmadonna). Prima di partecipare alla avventura di La Spezia si segnalò in interventi cospicui nelle fortificazioni e nel porto di Genova. Fu inoltre il procuratore designato dai fratelli Rosazza (Giambattista Vitale, Pietro, Federico e Vitalino) nella causa che li vedeva opposti ai Mosca per questioni di ripartizioni di utili su lavori in appalto condotti in società. Si hanno notizie del suo coinvolgimento nella realizzazione del Canale Cavour e, soprattutto, della collaborazione attiva con il citato Alessandro Mazzucchetti in numerose costruzioni edilizie civili e private in Torino. E' sepolto nel cimitero di San Giovanni d'Andorno e a cento anni dalla nascita, il 4 agosto 1912, il Comune di San Paolo Cervo gli dedicò un busto ancora oggi visibile nella sala consiliare. Il monumento è opera di Giuseppe Bottinelli: l'effige marmorea ha per sfondo una lastra incisa che rammenta le due opere più significative del cavalier Magnani: la casa comunale e la strada di cui si è detto. Il suo carattere schivo, tipicamente valligiano, lo tenne lontano dal clamore della cronaca mondana e dalla politica. E' per questo, forse, che pur avendo dato non poco alla "costruzione" del neonato Regno d'Italia, al di fuori della Valle Cervo e del Biellese non fu ricordato. "La Stampa" di Torino non gli concedette che una riga anonima tra gli altri decessi di quei giorni. E, a dire il vero, non si trova un cenno neppure su "Biella Cattolica": il "Magnanin" era forse un massone? Grande per amor patrio e opere benefiche alla acuta vista di Dio, ma non abbastanza grande per i miopi occhi degli uomini... Era il più vecchio ed era giusto che se ne andasse tra i primi, dopo Vitalino Rosazza che era morto a soli 54 anni nel 1880. Ma nel giro di poco più di un lustro mancarono anche lo stesso Alessandro Mazzucchetti (1824-1894) e Federico Rosazza (1813-1899). A figurarseli tutti insieme a La Spezia, a misurarsi col mare, loro montagnini in tutto e per tutto, fa effetto. Come si coordinavano, come interagivano? In dialetto tra di loro e in italiano con tecnici e operai? Si davano tutti del tu? Facile. Erano tutti legati, anzi tessuti insieme l'uno all'altro. Ed erano le donne della Bürsch la trama e l'ordito della buona stoffa relazionale tra i grandi casati valligiani. Tra gli uomini, i conci di sienite austeri e grigi che formano quei muri a secco che erano le dinastie dei valìt, cresceva un'edera forte e verde di donne che legava i cantoni, che li univa l'uno all'altro più di qualsiasi malta. Nel pezzo della Zorgno e nelle genealogie del Valz Blin quegli intrecci sono ben delineati. La vicenda umana e professionale di Giovanni Pietro Magnani induce a una digressione, a uno sconfinamento. L'aver fatto squadra è stato fondamentale per gli impresari edili della Bürsch. Eppure tale capacità può non essere percepita come così importante in altri settori, per esempio quello tessile. Un cantiere come quello di La Spezia rappresentava una sfida ciclopica, dove unire le forze era prerogativa ineludibile per tentare e per riuscire. I tessitori raramente si sono trovati o si trovano di fronte a challenge del genere (anche se a ben guardare non è davvero così, ma si tratta di "vedere" la sfida per poterla accettare) e, anzi, la esiguità dei loro mercati individuali ha facilitato l'insorgere della più accanita (ma non sempre intelligente) concorrenza. Solo la Grande Guerra ha fatto sì che i lanifici si federassero per produrre il grigioverde che il Regio Esercito chiedeva, ma fu un caso unico, mai verificatosi prima e mai ripetuto dopo. E a federare le aziende biellesi non fu un motu proprio locale sistematico, ma il conflitto stesso in atto e, soprattutto, l'Associazione Laniera, con un supremo sforzo diplomatico e logistico che, applicato sui teatri di guerra, avrebbe portato alla pace in qualche giorno. I valìt, che pure erano reciprocamente dei competitor assai temibili, sapevano aggregarsi, sapevano superare gli steccati della ricerca dell'affermazione singola per arrivare a un bene (leggi anche profitto) comune, ma più alto. E' una lezione notevole, che tuttavia i tessili non hanno imparato. Certo, i cultori della supremazia della navetta sullo scalpello possono addurre validi argomenti a sostegno della loro tesi, tra cui il fatto che i grandi impresari sono spariti, mentre qualche fabbrica c'è ancora. Vero, ma le vicende dei due settori sono piuttosto diverse, anche dal punto di vista dimensionale (gli addetti tessili sono molti di più anche per ragioni storiche), quindi non è proponibile un confronto in questi termini. E occorre tener presente che l'economia e la geopolitica globali hanno giocato per lo più a favore dei lanieri (che avranno anche avuto e hanno per avversari gli inglesi prima e i cinesi poi, ma il cachemire va di più del granito e del mattone) e a sfavore degli impresari e delle loro maestranze. A meno che questi ultimi (titolari e manovali qualificati) non si trasferissero in blocco nelle terre in cui il lavoro li chiamava (vedi Brusnengo e Roasio). Il messaggio di fondo, però, è quello della attitudine a stringere patti d'interesse che non si configurino, come avviene nel comparto tessile, sulla base di acquisizioni o di assorbimenti. Al contrario dei lanifici o delle filature, due o tre imprese edili hanno dimostrato di poter lavorare insieme senza che una abbia dovuto per forza comprare l'altra o rilevare il marchio della terza annichilendole entrambe per sempre. Associazioni temporanee di scopo, vere cordate e joint venture, senza subordinazione azionaria o produttiva, finalizzate a un risultato condiviso: questo è l'insegnamento "morale" dei valligiani che altri ambiti merceologici non hanno fatto proprio. Nell'ultimo secolo e mezzo anche i tessitori hanno avuto a portata di mano enormi cantieri, metaforicamente paragonabili a quello di La Spezia e a molti altri assunti in squadra dai valìt, ma non se li sono aggiudicati perché nessuno di loro poteva realizzare le opere da solo, ma nemmeno hanno colto la possibilità di assicurarseli in proficua sinergia. Di sicuro (per fortuna) esistono realtà biellesi che si sono affermate e che tuttora controllano segmenti rilevanti di mercati internazionali. Ma attenzione: la lana costituisce una percentuale molto piccola (non oltre l'1,3% nel 2016) del global fiber market e i giganti nostrani sono in realtà dei nani che si contendono porzioni di quello spicchio minimo della torta (che si allarga un po' se si considerano i tessuti misti, ma l'ordine di grandezza resta più o meno quello) in un mondo dove tre quarti della popolazione si veste di poliestere e di fibre artificiali. Fine della digressione e fine del rievocazione di Giovanni Pietro Magnani, esempio di quella vallecervina intraprendenza che dovremmo riscoprire. Di lui, nel convivio del 1912, disse l'immancabile don Agostino Mersi:
Rivive nel marmoreo candore
a riveder la sua vallata bella
Ei ch'ebbe grande o generoso cuore,
e sua memoria or più non si cancella.
0 degno figlio, in Te si rinnovella
il magnanimo cuor del genitore,
ed oggi un popol tutto s'affratella
per dare a Lui ed a te plauso a onore.
E teco di Lui memore, festosa
la tua borgata placida si allieta
ed esulta nel verde ogni pendice;
mentre il bel San Giovanni, ov'Ei riposa
dei vecchi faggi a l'ombra austera e cheta,
Te e questa valle cara benedice!
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