Galleria Rosazza: la locanda a un passo dal cielo [Eco di Biella, 20 agosto 2018]

Tipologia Documento
Data cronica
20 agosto 2018
L'inaugurazione della locanda della Galleria Rosazza il 26 giugno 1899? Molto probabile, ma non certo... (lastra fotografica della Biblioteca Civica di Biella)
L'inaugurazione della locanda della Galleria Rosazza il 26 giugno 1899? Molto probabile, ma non certo... (lastra fotografica della Biblioteca Civica di Biella)

Tipologia

articolo di giornale

Contenuto

Galleria Rosazza: la locanda a un passo dal cielo
 
Inaugurata il 26 giugno 1898 è entrata subito nel cuore dei biellesi
 
Jon Scotta e Peraldo di Piedicavallo i primi gestori
 
Nel 1907 vi trascorse la notte la poetessa Ada Negri
 
"Erano le 9,40 quando cadde l'ultimo diaframma, e l'incontro delle due valli divenne un fatto compiuto. Accompagnata da otto lampade, comparve in quel punto la veneranda figura del sen. Rosazza". Era la sera della domenica 8 settembre 1895. Quelle poche parole rappresentano l'atto di nascita della galleria che da allora unisce le valli del Cervo e dell'Oropa. Si leggono su "La Stampa - Gazzetta Piemontese" dell'11 settembre, e tramandano che "nessun invito era stato diramato per tale circostanza. E fu proprio un caso che alcuni touristi, il professore Ravetti e l'avv. Bertetti con sua gentil signora, fossero presenti alla scena". Si apriva appena uno spiraglio nella roccia e già c'era gente che voleva passare... L'articolo informa anche che "erano sul luogo, oltre pochi operai, i signori Vercellino Giovanni, Colombera Pietro, Cleto e Maria Nepote col figlio Cesare". Naturalmente "fu un momento di commozione. Il prof. Ravetti salutò il commendatore col nome di filantropo insigne, provvidenza dell'operaio e ricchezza delle valli andornesi. A queste parole il sen. Rosazza rispose dando lode agli operai che lo aiutarono egregiamente". Non ci volle molto prima che si spargesse "la voce del fausto avvenimento, e moltiplicaronsi nel pomeriggio i visitatori curiosi di constatare de visu la verità del fatto". Che fosse una grande novità, accolta come il risultato di un'impresa a suo modo ciclopica, è facile da comprendere e la curiosità in tutto il Biellese si propagò velocemente. In molti vollero salire per osservare come, anche nella Bürsch, si fosse realizzato un "piccolo Frejus" per mano di quei valìt che avevano già scavato decine di tunnel in giro per il mondo (incluso il vero Frejus), ma mai nessuno in casa loro. In effetti, quello sotto il Colle della Balma fu il primo traforo degno di questo nome nel Biellese e sarebbe rimasto un primato ancora per parecchio tempo. E il fatto di averlo costruito in condizioni difficili e in quota elevata rendeva l'opera ancora più degna di ammirazione. Già solo per arrivare a sferrare il primo colpo di piccone o per far brillare la prima carica esplosiva era stato necessario incidere sui due versanti una strada di per sé tecnicamente notevole. Il pezzo dell'anonimo articolista de "La Stampa", infatti, non poteva tralasciare proprio il tracciato stradale già compiuto per congiungere i due displuvi. "Alla galleria si giunse colla strada di accesso, praticata a gironi lungo la scogliera della montagna; è per ora in via di formazione, ma è già finita in diversi tratti. E strada e galleria avranno probabilmente inaugurazione l'anno venturo [non si sbagliava: la galleria fu aperta al traffico nel 1897, anche se già nell'autunno del 1896 si poteva percorrere, n.d.a.]. Ci auguriamo pertanto che a questa provvida opera dia compimento la stessa mano che smosse la prima pietra, e la veneranda esistenza del comm. senatore Federico Rosazza sia serbata ancora molti anni all'amore delle popolazioni delle due valli". A distanza di più di un secolo possiamo osservare il progetto di Federico Rosazza e, soprattutto, del fido Giuseppe Maffei per apprezzarne non solo l'esecuzione puntuale, ma tutta la sua estensione, anche per cogliere quella che si potrebbe definire la "visione" che stette alla base di tutta l'operazione. Non conta se Rosazza e Maffei (o i loro spiriti guida...) ne fossero pienamente consapevoli, oppure se l'insieme sia stato generato da parti distinte poi sommate dalla storia e dal tempo, ma il complesso di interventi agiti sulla Bürsch appare come il frutto di un pensiero unico e univoco, forse caotico nel dettaglio, ma coerente nella sua totalità, in senso formale, sostanziale e persino stilistico. A partire da quanto messo in atto a Rosazza, il senatore e il pittore non solo intesero plasmare il territorio a loro immagine e somiglianza, ma tentarono (il più delle volte riuscendo) di creare un "sistema territoriale integrato" di architettura e paesaggio, di urbanistica e arte, di viabilità e cultura. Per quanto discutibili nel merito possano essere le motivazioni e le risultanze di tanto sforzo, il metodo resta ben al di là di quelli che si presentano come i gesti un po' folli di un sognatore abbiente ma sfortunato e di un artista gragliese che, con tutta probabilità, senza il rapporto simbiotico con il suddetto rosazzese, avrebbe avuto meno lustro e meno commesse. Il "sistema Rosazza" si scorge nitidamente nella strada San Giovanni d'Andorno - Oropa perchè non è soltanto una strada. Il percorso che connette i due santuari è nato non solo per collegare due località importanti, ma anche per condurre coloro che lo compiono su altri percorsi idealmente coincidenti e sovrapposti a sedime stradale. Ovviamente non tutti se ne rendono conto, ma quella strada, di primo acchito "solo" così ardita e panoramica, porta in altri luoghi e in altre epoche, fuori e dentro dalla proiezione mentale visionaria di Federico e di Giuseppe. Il "sistema Rosazza" è strutturato a piani di fruibilità e di lettura (e ha fatto scuola, almeno una volta, qualche decennio dopo: il "sistema Zegna", oltre che contiguo strutturalmente è tributario d'ispirazione e di fattura). Una carrozzabile del genere, con tanto di tunnel, avrebbe permesso spostamenti più comodi e rapidi, ma a loro non bastava. Non c'erano più solo i devoti pellegrini e i malgari cui pensare. L'Ottocento era stato il primo secolo turistico, e il futuro avrebbe visto sempre più gente in grado di spostarsi per conoscere il mondo. Ma non era ancora sufficiente: ci voleva quella che oggi si chiama "esperienza". Ci voleva la "full immersion" nel passato e nella illusione di essere cavalieri o viandanti in quel grande parco divertimenti medieval-romantico che era poi la dimensione creativa della premiata ditta Rosazza & Maffei. Un po' perchè la "moda" all'epoca era quella (D'Andrade docet), un po' perchè davvero a quei due ingenui geniacci piaceva così, la strada, la galleria, il tempietto, il belvedere, il delubro, la cappella, la fontana... tutto doveva narrare qualcosa, tutto doveva immergere il percorrente nello spirito del cammino, tra vedute mozzafiato e angoli pittoreschi, tra fede e magia, tra natura e chimera. In quel quadro perfetto, meno inquietante di quelli di Friedrich e un po' più mosso di quelli di Constable, non poteva mancare la locanda. La locanda, uno dei topoi più tipici dell'arte romantica e non solo, avrebbe occupato il posto giusto nella tela, anch'essa non solo manufatto funzionale, ma segno e simbolo. Avrebbe accolto i viaggiatori con un pasto e un letto caldi, avrebbe incoraggiato i turisti, sarebbe stata di per sè una meta, prima o dopo aver affrontato il suggestivo traforo nella roccia. A San Giovanni d'Andorno una bella e accurata mostra documentaria e fotografica racconta la storia di quella locanda che compie 120 anni. I curatori hanno spaziato su tutto il nastro della strada della galleria, ma già solo il focus sul rifugio/ristorante merita una visita che riserva non poche sorprese anche per chi conosce l'argomento. E' difficile aggiungere qualcosa alla puntigliosa ricostruzione allestita nelle sale del santuario (che ospitano anche un'altra mostra interessante dedicata ai valìt costruttori "globali"), ma queste note a margine, relative alle vicende più remote, non suoneranno stonate. La locanda più vicina al cielo biellese (adesso non è più la più alta, ma l'anzianità fa sempre grado...) è un luogo speciale ed è un sito di tappa che tutti ci invidiano. Lo sanno bene i tantissimi stranieri che camminano lungo la GTA. E lo sapevano bene, con quella capacità di previsione che solo i geni e i pazzi posseggono, anche Federico Rosazza e Giuseppe Maffei che ne vollero la costruzione. Gianni Valz Blin, nel suo prezioso e ormai introvabile (in effetti andrebbe ristampato) libretto sul centenario della galleria, spiega che l'inaugurazione dell'esercizio avvenne il 26 giugno 1898, festa di San Giovanni Battista. Ma "un acquazzone di straordinaria violenza, che aveva causato la piena dei torrenti Bele e Colombaro, impedì alla gente di salire dalla Valle del Cervo. Solo tre comitive riuscirono ad accedere da Oropa, poi la pioggia cessò, ma la festa fu guastata". Nell'archivio fotografico della Biblioteca Civica di Biella si trovano alcune lastre di quel periodo che immortalano alcune decine di persone attorno allo stabile sullo sfondo grigio della nuvolaglia. Sono le testimonianze fotografiche di quella memorabile per quanto complicata giornata? Forse sì, ma quel che importa è che la locanda iniziò subito a "girare". Su "La Tribuna Biellese" del 31 luglio 1898 fu pubblicato un primo inserto pubblicitario che illustrava i pregi della nuova struttura. I locandieri, Peraldo e Jon Scotta, già comproprietari dell'albergo "Mologna" di Piedicavallo e conduttori del ristorante "Peraldo" presso l'Ospizio di San Giovanni, non avevano concorrenza, anche se la località rimaneva lontana dalle più frequentate vie di comunicazione. Ma il servizio di corriere, attivato all'albergo "Iacazio" di Campiglia Cervo, avrebbe aiutato gli affari convincendo anche i più pigri a salire ai 1500 metri della galleria. Il "Ristorante della Galleria Rosazza" entrò subito nel cuore degli appassionati di montagna grazie a una felice coincidenza. Il XXX Congresso Nazionale del CAI si svolse nel Biellese tra il 3 e l'8 settembre del 1898. Fu l'occasione per una grande vetrina quando, il 5 settembre, i partecipanti, radunatisi a Rosazza, ripresero la marcia: "dopo il pranzo i congressisti partono alla spicciolata per Oropa. Al Ristorante della Galleria Rosazza condotto dai bravi Peraldo e Jon-Scotta, servizio di rinfreschi offerto dai signori Biglia e Magnani. — Si dà un ultimo sguardo all’imponente e smagliante valle prima di internarsi nella Galleria, e si scende ad Oropa". Poco più di un anno dopo sarebbe morto Federico "il Grande". Venne a mancare se non altro con la consolazione di aver potuto convertire in concreto molte delle sue aspirazioni. Nell'estate seguente la locanda è già un punto di riferimento per gli escursionisti locali. La solita "Tribuna Biellese" (21 giugno 1900) pubblicava il resoconto di una edificante "Passeggiata in montagna" con queste parole: "Accenniamo alla cosa perchè vorremmo che diventasse un’abitudine. Domenica scorsa una numerosa comitiva di giovanotti della nostra città, invece di passare la festa nell’ozio abituale, organizzò una gita in montagna. Partirono da Biella domenica mattina verso le ore 3 e giunsero Oropa alle ore 5: fecero un alt breve, per una tazza di caffè nero. Alle 7 1/4 già facevano colazione al Ristorante della Galleria. Indi fecero delle escursioni sulle creste dei monti circostanti, camminando fino alle 12, ora in cui pranzarono a S. Giovanni. Alle ore 14 partirono e per la strada dei monti discendevano a Rosazza, indi a Piedicavallo dove alle 6,30 cenarono; alle 11,40 erano di ritorno a Biella. Ecco della gente che ha speso bene la domenica!". Ai primi di luglio del 1903 un gruppo di ciclisti iscritti al "Convegno ciclo-alpino" sperimentarono il tracciato sterrato sostando alla locanda. Non è dato a sapersi (ma è verisimile) se sostarono lassù anche i due vescovi che transitarono attraverso la galleria diretti da Oropa a San Giovanni d'Andorno nel 1907. Dapprima monsignor Giuseppe Gamba, già alla guida della Diocesi di Biella e poi traslato a Novara, il 19 maggio (forse, però, il ristorante/rifugio era ancora chiuso: locanda, con la sua cucina e le sue camerette, contava sulla bella stagione, rimanendo aperta solo da giugno a settembre, come un vero rifugio alpino), poi monsignor Giovanni Andrea Masera, a un anno dalla presa di possesso della cattedra episcopale biellese, il 22 giugno. Nello stesso anno si ha testimonianza non solo del passaggio, ma anche del soggiorno alla locanda di un'ospite illustre. Si tratta della poetessa Ada Negri, che assistette alla processione di Fontainemore a Oropa che si tenne nell'agosto del 1907. Le sue impressioni sull'evento devozionale furono pubblicate sul "Corriere della Sera" e riprese da "il Biellese" (anche per chiosare i sentimenti assai laici dell'autrice). Ada Negri, allora ancora coniugata Garlanda, quindi biellese d'adozione, iniziò la sua cronaca così: "dopo aver passata la notte nell’alberghetto della Galleria Rosazza sopra l’Ospizio di S. Giovanni d’Andorno — piccola e tozza casa di pietra, posta come un falco sur una selvaggia accozzaglia di rupi — noi scendevamo per l’altro versante della montagna, verso Oropa". Non tutti gli "alberghetti" del Biellese possono vantare un simile, sebbene minimo, tributo. Dopo Ada Negri molti altri personaggi celebri presero il caffè, bevvero un bicchio o gustarono la polenta alla locanda (che avrebbe dovuto avere l'insegna di "Ristorante Rosazza", ma nessuno la chiamò così), ma non lasciarono traccia o la memoria dei vivi è divenuta oblio dei morti. Ma è più rilevante che alla "Galleria" si sia fermata tanta gente comune, tanti amanti della montagna e dello sport. Il 25 luglio 1914 la "Pero" colà indisse il pranzo dei soci in occasione del suo annuale convegno alpino: svariate decine di persone affamate discese dalla vetta del Tovo al suono delle bande e di musicisti improvvissati presero d'assalto i tavoli del ristorante. E dovettero spartire le fatiche dei cuochi con i ragazzi della "Sportiva Netrese" cui era venuta la medesima idea... Per concludere una simpatica "attestazione di stima" nei confronti della medesima locanda. Risale ai primi di agosto del 1916 e fu piazzata in prima pagina dalla solita "Tribuna Biellese" che non si lasciava mai sfuggire la possibilità di punzecchiare gli avversari cattolici, magari anche per via indiretta, come nel caso del "problema alloggi" che allora affliggeva Oropa (che, a onor del vero, si stava prodigando per accogliere i profughi dalle zone di combattimento della Grande Guerra). Ecco il pezzo: "C’è una lunga epistola d’un negoziante di vini che si firma "un monferrino", il quale, premesso che egli non è andato ad Oropa per fare economia, tanto che adesso passerà quindici giorni in un albergo del Favaro, aggiunge: «... quando fui accompagnato al buco dove dovevo dormire, tornai indietro dal sig. Distributore offrendogli di pagare il necessario, e più ancora, pur di ottenere una camera decente. Risposemi di non essere questione di danaro, ma di camere disponibili ed egli non avere nulla di meglio per il momento. Restituita la chiave ed incamminatomi alla Galleria Rosazza, giunto ivi, stetti sei giorni in quel ristorante, pagando L. 2 per notte e trovandomi benissimo per il vitto. Ma ad Oropa non mi prendono più»".

Link esterni

Fotografia

Persona

altro