Andorno Valley, quando gli inglesi scoprirono la Bürsch (prima parte)

di Danilo Craveia [Eco di Biella, 14 marzo 2022]

Nella prima edizione, quella del 1838, la guida Murray non descrive la Valle d’Andorno. Nel volume che la stessa casa editrice di Albermale Street pubblicò nel 1858, The italian valleys of the Pennine Alps (del Reverendo Samuel William King), Andorno e la sua vallata compaiono, se non altro, nella bella cartina inserita al fondo del libro (che prometteva un “tour through all the romantic and less-frequented “vals” of northern Piedmont”). Ma in quella del 1879, il viaggiatore inglese (o in grado di leggere la lingua di Albione), poteva cogliere qualche cenno. La “Route 124” del Murray's Handbooks for Travellers, ovvero il percorso che da Biella portava a Gressoney-Saint-Jean passando da Oropa o da Piedicavallo, rimarcava l’essenza montanara della nostra città ed evidenziava la presenza e l’attività del “Italian Alpine Club”, cioè del CAI, che nelle sue “rooms” di via dell’Ospedale 8 offriva agli “strangers” la possibilità di “to see maps” e anche di dare un’occhiata ai lavori di Vittorio Besso, che “has done some good mountain photographs”. Per coloro che sceglievano la Valle Cervo per raggiungere quella del Lys, “a good carriage-road extends from Biella to Piedicavallo, a drive of 3 hours”. Che la strada fino a Piedicavallo fosse “good” risulta un po’ difficile da credere, ma non c’erano altre opzioni: la ferrovia fino a Balma sarebbe arrivata solo una dozzina d’anni dopo. Nota antropologica e sociale: “the inhabitants of Val Andorno emigrate largely as contractors and master-masons, and often return to buid “palazzi” in their native valley, which has thus been filled with handsome edifices”. I valìt che avevano fatto fortuna tornavano e costruivano i loro “palazzi” nei villaggi della vallata, che si era riempita di belle magioni. Ad Andorno “has a hydropathic establishment” e quello stabilimento idroterapico (quello del dottor Vinaj, perché il Grand Hotel Sella non esisteva ancora) era inserito in uno “scenery bright and varied”. In un’ora si arrivava a Campiglia Cervo, “the chief village of the upper valley”. Quindi, la Bürsch era la “upper valley”. Da Campiglia Cervo, prima di proseguire per Piedicavallo, si poteva salire a San Giovanni d’Andorno, “the ascent is through a beech-wood” e “the situation is charming”. Le faggete erano affascinanti e la deviazione era meritevole, anche perché le camere del santuario erano cedute gratis per le novene (nove giorni, come Graglia o Oropa), senza contare che “there are good restaurants”. In verità di ristorante ce n’era solo uno, ma è un dettaglio. Il paesaggio si faceva più severo via via che si avvicinava Piedicavallo. Lì era consigliato scendere allo “Albergo delle Mologne” (definito come “fair”), dal quale si poteva partire per conquistare la vetta del Bo. La cima “commands a vast and varied panorama of the Alps and plains which ha been engraved by the Italian Alpine Club”. Non è cambiato nulla: la vista dalla vetta del Bo valeva l’ascensione, ben riprodotta dal suddetto CAI. Per portarsi a Gressoney-Saint-Jean da Piedicavallo si dovevano valicare le montagne attraverso la Mologna Piccola o quella Grande (il sentiero del colle della Vecchia non era ancora stato risistemato da Federico Rosazza). La “mule-road”, ossia la mulattiera, era percorribile, ma a chi avesse avuto timore di un cammino tanto lungo si consigliava il noleggio di un mulo presso l’Alpe Piquiet. “N.B. Travellers in this region should provide themselves with the S.W. sheet of the Alpine Club Map, and the excellent local guide book ‘Guida nel Biellese’, published at Biella”. 

La capanna del CAI sulla cima del Bo in una cartolina postale di inizio Novecento.
La capanna del CAI sulla cima del Bo in una cartolina postale di inizio Novecento.

I Murray's Handbooks for Travellers erano in concorrenza con le guide Baedeker, i primi londinesi, le altre di Coblenza (poi Lipsia). Le due pubblicazioni erano “coscritte”: entrambe uscirono a partire dal 1836, eppure quella tedesca diventò più famosa, anzi la guida turistica per antonomasia, ma era a quella inglese che l’editore Karl Baedeker si era ispirato. La Valle Cervo nelle guide Baedeker c’è poco o nulla, e comunque più tardi rispetto ai Murray's Handbooks. La prima guida “turistica” o, meglio, escursionistica a citare Andorno e la sua valle pare essere quella dell’irlandese John Ball del 1863. Il curatore de A guide to the Western Alps fu un pezzo grosso dell’alpinismo inglese delle origini. Primo presidente della versione britannica del CAI, fondata nel 1857, John Ball (1818-1889) aveva sposato un’italiana, veneta di Vicenza, Elisa Paolini, e dopo aver esaurito la sua carriera di politico ai tempi di Palmerston, la montagna e i viaggi erano diventati la sua vita. Rimasto vedovo molto presto, John Ball si dedicò alla scoperta dei luoghi più interessanti dell’Europa continentale e non solo. Non è noto un suo soggiorno nel Biellese, ma è significativa quella sua precoce segnalazione del nostro territorio.

-	John Ball, autore della prima guida che descrive la Valle Cervo nel 1863.
- John Ball, autore della prima guida che descrive la Valle Cervo nel 1863.

Oltre al foglio sud-ovest della mappa del CAI, la guida Murray indicava come necessaria per il viaggiatore saggio quella pubblicazione che, con tutta probabilità, doveva essere l’opera di Antonio Coiz Guida storico-artistico-industriale di Biella e Circondario edita nel 1870 (e ristampata nel 1873). Questa prima citazione offre uno sguardo interessante su come e quanto il Biellese fosse noto in Europa e nel mondo. L’industrializzazione laniera, l’esordio dell’idroterapia e l’amore degli inglesi per le Alpi avevano stimolato la curiosità dei britannici anche per questa nostra zona. Una curiosità che esisteva già prima che Mister Murray decidesse di includere l’area biellese in una delle sue prestigiose guide. Ne A guide to the Western Alps curata dall’alpinista John Ball ed edita a Londra nel 1863 si trova una maggiore accuratezza. D’altro canto, il turismo alpinistico era in pieno sviluppo Oltremanica e servivano strumenti di conoscenza dei territori da esplorare che fossero il più possibile funzionali all’organizzazione delle escursioni montane. Ball suggeriva l’albergo della Corona Grossa, in caso di sosta a Biella (Murray, nella citata guida del 1879, preferiva la Testa Grigia) e indicava alcune delle vie più suggestive per risalire e valicare le alpi biellesi. Quella di Oropa per Fontainemore che “at certain times it is overcrowded with pilgrims” (affollata di pellegrini), ma anche quella di Issime che attraversava la Bürsch. “The highest village in the Val Andorno is Piè di Cavallo, connected with Issime, in the Val de Lys, by the Col de Torion”. Murray deve aver letto con attenzione la descrizione di Ball perché fu quest’ultimo a evidenziare la qualità di una ascensione al Bo. “At the head of the Val Andorno is the Cima di Bò, and at either side of the summit lies a path leading to the Val Sesia”. La Valsessera e Scopello erano a portata di gambe (buone).

La Bürsch in una cartolina postale d'inizio Novecento.
La Bürsch in una cartolina postale d'inizio Novecento.

Andorno era uno snodo importante anche sul percorso verso il Lago d’Orta perché nel 1863 non c’era ancora la strada “diretta” (Biella, Pettinengo, Valle Mosso, Trivero) e occorreva passare da Andorno per arrivare a Mosso e da lì nel Biellese Orientale, nel Sesiano e, infine, nel Cusio. Dopo Ball furono le donne inglesi a procedere nella esplorazione turistica del Biellese a favore dei compatrioti. Nel 1887 l’editore e tipografo Giuseppe Amosso di Biella propose Andorno di Elizabeth Lynn Linton (1822-1898). Frutto della sua esperienza idroterapica presso il Grand Hotel Sella di Andorno Micca, la scrittrice londinese si dedicò alla zona con l’acutezza delle sue inchieste e lo stile dei suoi romanzi, corredando il libercolo “with photographs and a map of the neighbourhood”. Dopo una lunga premessa sulla storia del Biellese in generale, l’autrice concentrò la sua History in little su Andorno e sulla sua vallata, infoschendo qualche tinta, ma riuscendo in quel modo a catturare l’attenzione dei suoi lettori. Quella di Andorno diventò una storia vagamente romanzata, ma gradevole, tutta rivolta ai violenti trascorsi del tardo medioevo e dell’epoca barocca, Pietro Micca included. Per completezza d’informazione va detto che lo scritto della Lynn Linton, che attingeva a piene mani dalla storiografia andornese disponibile allora, dalle pagine di Alberto La Marmora sul Marchese Parella a quelle di Giuseppe Maffei sul Biellese antico, da Mullatera a Pozzo, era già uscito nel 1884 su “The Gentleman’s Magazine” a Londra e anche sul “Living age” della Littell a Boston. Di sicuro la diffusione locale in lingua inglese aveva permesso a qualche lettore biellese di aggiustare il tiro su lessico e pronuncia, mentre la pubblicazione sul periodico londinese e su quello statunitense aveva suscitato l’intenzione di qualcuno di quei gentleman di partire alla volta della Valle Cervo. Quando, nel 1905, Edith Warthon pubblicò il suo Italian backgrounds (la Valle Cervo e, soprattutto, San Giovanni d’Andorno sono raccontati con delicatezza e sensibilità: quelle pagine si trovano nella raccolta Terra biellese. Biella e il Biellese visti dagli altri e da qualcuno di noi, edito da Ieri e Oggi nel 1995), la strada per il Biellese era ormai più che conosciuta a tanti inglesi o anglofoni. Tutti cercavano la montagna nostrana e, più ancora, il pittoresco alternativo e non così stereotipato che le vallate biellesi avevano e hanno da offrire. E quella ricerca estetica, oltre che alpinistico-escursionistica, non si esaurì nel primo Novecento. Nel 1928 Ellinor Lucy Broadbent (Warrington nel Cheshire, 1873-1954), studiosa di arte antica e moderna (prima a Oxford poi a Liverpool, ma anche a Manchester) e innamorata dell’Italia, diede alle stampe Alpine Valleys of Italy: from San Remo to Lake Orta. Nel suo “giro” delle Alpi Occidentali non poteva mancare il Biellese e, nello specifico, la Valle d’Andorno. Con la sorella Margaret al seguito piuttosto a suo agio con la macchina fotografica, Ellinor Lucy Broadbent giunse a Biella da Ivrea recitando i celebri versi carducciani. Vide la città e Oropa. Poi “our destination on leaving Biella was Piedicavallo”. Lunedì prossimo la Lynn Linton ci dirà di Rosazza e dintorni, la Broadbent di una gita in autobus e si aggiungerà qualche altra voce, ovviamente inglese.